Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


domenica 25 marzo 2012

DIVERSITA'

Sollevo un problema che mi sto ponendo in questi giorni: che senso ha parlare con persone che non la pensano come me, in rete soprattutto? Magari estendo il mio campo di vedute, è vero, ma di sicuro non viene "approfondito", non dico di non farlo, ma è un tempo utilmente investito? Non è meglio concentrarmi su coloro con cui ho una "base" comune e ignorare completamente il resto, non è meglio investire il tempo in questo modo, meno estensione, più approfondimento, ma anche maggiore capacità di aggregarsi e di fare?

Non è tutto già abbastanza diviso e spezzettato con un milione di verità relative diverse e un Paese (Italia) che è completamente fermo (molto più di quanto si creda) per mancanza di basi comuni? Tutta questa "libertà di pensiero" che poi non è libertà ma difformità di pensiero, non viene pagato con un prezzo terribile, la paralisi, l'incapacità di andare avanti, l'annullamento della coesione sociale, della capacità costruttiva?

Vogliamo adattare la realtà ai nostri pensieri, non i nostri pensieri alla realtà. Come conseguenza ognuno tira avanti per la sua strada, con il proprio credo, i propri valori, che a volte sono così superficiali da essere irrilevanti, fittizzi. Ottima cosa. Ma ci meravigliamo se questo Paese è a pezzi?

Io sono convinto di una cosa: non è cambiare sistema che porterà vantaggi, il sistema non è giusto o sbagliato, sono generalizzazioni da un quarto d'ora, nel senso che cambiano le cose si tira avanti bene per un quarto d'ora e basta. L'esempio dell'Unione Sovietica e dei suoi milioni di morti per inseguire un sistema perfetto ne è la prova. Io credo che ciò che fa la forza di un Paese è la sua Unità, la sua capacità di raccogliersi attorno ad un obiettivo comune, un credo comune e andare avanti. E' la pasta di cui si compongono le dittature, ma paesi a pezzi ad un certo punto ricorrono alle dittature per andare avanti, per progredire. Vedi Germania e Italia, nel momento del loro splendore economico, prima della follia imperiale. L'unità ritrovata funziona meglio di qualsiasi sistema politico, economico, sociale. Specialmente in paesi come il nostro che ha comunque un'ottima base industriale, civile, sociale.

Ecco tutta questa difformità di pensiero esistente nel nostro paese, il fatto che nessuno voglia rinunciarvi, né ormai possa farlo, non significherà forse la fine inevitabile di una civiltà così divisa e litigiosa? Vale la pena lottare per cambiare qualcosa quando tutti i nostri sforzi verranno subito vanificati dal vicino che la pensa in modo diverso?


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5 commenti:

  1. Quando l'Italia ha vinto i mondiali, sono rimasta impressionata. Non avevo MAI visto tanta gente unita intorno ad un solo interesse. Respiravano insieme, tacevano insieme... addirittura pregavano insieme.

    Il motivo era futile, lo riconosco, ma prova la potenzialità.
    Non è impossibile creare unione. Pensa se tutta quell'energia, colettività, unità, fosse stata indirizzata. Quali risultati splendidi avremmo potuto raggiungere!

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  2. E' vero, lo ricordo anch'io benissimo avevo 12 anni e l'ingegnere, come il fruttivendolo e l'operaio parlavano come se fossero loro ad allenare la squadra. C'era chi era contrario a tanto entusiasmo e finvia lo stesso a parlare di calcio, come gli altri. Ricordo le partite come fossero ieri:

    italia - polonia 0-0
    italia - peru 1-1
    italia camerun 1-1
    italia argentina 2-1
    italia brasile 3-2
    italia polonia 2-0 (credo, vado a memoria)
    italia - germania 3-1

    Ecco, se un bambino di 12 anni, disinteressato al calcio tra l'altro, riesce a gettarsi in quel magma collettivo e a restarne così affascinato, credo davvero che l'unità intorno ad una speranza, un piacere, uno scopo comune possa far uscire qualunque popolo dalla sua situazione di apatia.

    Purtroppo ci propongono ben altre ricette, ci propongono ciò che divide, come se fosse normale che gli altri debbano interessarsi a ciò che passa per la testa a noi.

    (Ehmmm.... l'altro mondiale vinto, quello del xxx ero ormai senza TV e non ho potuto vederlo :-))

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  3. anche secondo me una base comune c'è. Peccato che poi venga frammentata da mille fattori "disgreganti", che fanno capo a piccoli, sciocchi, futili interessucci individuali. E ci si divide. Ho pensato anche io alla nostra forza, alla nostra unità davanti a un televisore e 22 in calzoncini che correvano dietro un pallone (+ 1 vestito di nero): se solo fossimo capaci di indirizzare quella forza dietro a un progetto, un ideale più alto...P.S. exo, non devi smettere di comunicare. Io quando passo da te, posso condividere o meno, ma sempre (e dico sempre) mi scopro a guardare un problema da un punto di vista diverso dal mio. Poi magari giungiamo a conclusioni simili (se non uguali) ma con prospettive differenti. E' una dote, la tua.

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    1. Ottimo, visto che ho la dote posso pensare a sposarmi. :-)

      Proprio tu, Turista dai Pensieri Strani, dovresti sapere quant'è frustrante cercare di condividere i propri pensieri con persone che ti guardano come se tu dialogassi in arabo, mentre a te sembra di dire cose ovvie e naturali.

      Quand'è così l'unico conforto che trovo è quello di rivolgermi a quelle credenze consolidate, millenarie, che se sono ancora lì un motivo ci sarà ed è pure ottimo, e ne vedo tutto il senso: in mezzo alla cacofonia di voci dissonanti, riescono a scavare in profondità fino ad arrivare al cuore di chi vuole accettarle senza lasciarsi irretire dalle mode passeggere (travestite da sapienza antica, moderna o post-moderna, tutto marketing). Insomma, la tradizione, la bellezza del credo comune, della religiosità, del senso della giornata, della vita e della morte, spesso mi chiedo a cosa serva scrivere acora se è già stato detto tutto in libri immortali.

      Una volta ho scritto in un blog che la Bibbia è il libro più venduto al mondo, impossibile calcolarne i miliardi di copie vendute (non è un esagerazione credo che il solo Stephen King ha venduto quancosa come 500 milioni di copie). Ha risposto uno, serissimo, che se avesse avuto tutte le parrocchie che fanno propaganda anche lui avrebbe venduto milioni di copie del suo libro. Ecco, quando si arriva a dire una cosa del genere, magari supportati da fans, come si può avere una base comune di dialogo? Quando l'abisso è così grande che non si comprende che un libro può tirare grazie al marketing fin quando non si esaurisce la moda, ma dopo se non c'è un mondo, un universo dentro, semplicemente viene dimenticato.

      Ciò che divide non sono le "stupidaggini" è l'idea di essere il dio di sè stessi, un'idea che la cultura odierna spinge al limite. Non si guarda più un progetto comune, un obiettivo comune, un dio comune, una partita di calcio comune, no, ormai ognuno guarda le PROPRIE idee, i PROPRI obiettivi, i PROPRI pensieri, i PROPRI interessi, la PROPRIA visione del mondo, che è sicuramente diversa da quella degli altri sei miliardi di persone. Ciò che unisce è quando si finisce di essere il dio di sé stesso e invece di guardare il PROPRIO stomaco, si guarda semplicemente la realtà, che è una, è unione, è trascendenza delle idee personali, è concretezza, è immediatezza, quando si crede in qualcosa di condiviso e nel farlo si mette da parte sé stessi.

      Le donne dovrebbero saperlo, visto che hanno sempre garantito l'unità sociale col sacrificio di loro stesse. E' sempre stato un sacrificio barbaro, ma ha garantito una coesione che oggi sembra impossibile, anzi lo è, nei paesi definiti ricchi.

      Bah, sto scrivendo più di prima alla fine!

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  4. Ciao,
    Mi trovo tristemente d'accordo con te.
    Ho passato una vita a cercare di confrontarmi ma mi sono sentito deriso semplicemente perché non la pensavano come me.
    L'individualismo è un male molto grande, e chi come me non lo è, in questa società viene addetto.
    Bhè, è tardi, buonanotte

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