Albero della Conoscenza non è "non fare, "non cercare".
Albero della conoscenza è perdere il contatto col giardino, cercando oltre, facendomi ingannare.
Il mio albero della conoscenza (quello che mi illudo sia l'albero della conoscenza).
Il mio albero della vita (quello che mi illudo sia l'albero della vita).
Quello che mi porta a disprezzare il Giardino, la sua bellezza, nel nome di qualcosa che è inganno.
Albero della conoscenza è non sapermi fermare.
E' l'ossessione di ciò che manca, credere che manchi, soffrire la mancanza e non sapere cosa fare per ottenere, come fare, è vivere nel senso di "scarsità" dentro, finché la mano si protende verso l'albero. Eppure lo so che lì c'è la morte, dopo l'assaggio, per sempre, per un giorno, non ha importanza, lì il mio spirito muore.
“Certamente moriresti”. Non gli dice che riuscirà a controllarsi, no. Non deve farsi ingannare. Non deve provarci. Il vero equilibrio è quello di mangiare di tutto ciò che è presente nel Giardino, ma non quello. E quello cos'è?
E' proprio ciò che diventa la mia ossessione, tanto da farmi disprezzare tutto il resto.
L’Uomo non riesce a controllarsi davanti all'Albero perché è certo di poterlo gestire.
Non c'è scampo per chi vuole gustare dell’Albero, semplicemente perché non è stato costruito per poterne assaggiare i frutti.
E' stato costruito per avere la saggezza di stargli lontano.
Per avere la libertà di rinunciarvi e dedicarsi a ciò per cui è stato chiamato: coltivare e custodire il giardino. Il proprio giardino. La propria mente. La propria anima.
Certamente moriresti. Non "forse moriresti”. E' questo che d'improvviso fa apparire squallide vite invidiate e altrimenti meravigliose, la ricerca dell'Albero che dovrà dare vita, piacere, amore, saggezza, che, in realtà, l'uomo non è in grado di accettare senza distruggersi.
Vuole i frutti dell'Albero, oggetto di insopprimibile desiderio. Il resto perde importanza. Nessuno di chi cade in questa trappola è felice. La vita avrà poi senso solo nell'ammirazione, spesso ingenua, illusa, di altri uomini, ma in sé è vuota. Non c'è alcuna luce, solo il buio di un fallimento travestito da grande avventura, e il segno evidente è la disperata ricerca di approvazione, di divulgazione, di propagandare l'avventura: essa esiste e ha un senso solo se altri uomini la possono ammirare, seppur illudendosi.
In sé tale avventura non ha alcuna vita, cessa con l'indifferenza sociale, muore. E questo è il segno del fallimento dell'Albero della Conoscenza:
l'Uomo e la Donna erano felici in sé, prima di essere ingannati, non c'era alcuna platea con cui condividere la loro situazione, non ne avevano bisogno.
Se c’è bisogno della divulgazione, se la luce deve illuminare gli altri per poter esistere, allora non è luce, ma un buio che si nutre dell’interesse altrui, camuffandosi da verità e divorandola. Cessa l’interessa e cessa la finta luce. Le persone luminose, coloro che curano il Giardino senza preoccuparsi del resto, creano l’Eden in questa vita, il rifugio.
E’ luce non perché illumina altri;, è luce perché non ha bisogno di illuminarli per esistere, risplendere.
E’ luce perché esiste nell’anonimato.
L’Albero è l’inferno. Da questo stato non si esce, non senza cambiare profondamente sé stessi. L'inferno rimane inferno anche nel silenzio, molti inferni sono sommessi, personali. L'unico sollievo nel proprio inferno non è la faticosa uscita, che significa rinunciare all'Albero, cosa che l'uomo non vuole, ma attirare, condividere questo inferno spacciandolo per meraviglia, propagandarlo il più possibile, diffonderlo abbellirlo e proporlo, giustificarlo, affinché, finalmente, non ci si senta più soli, affinché venga condiviso il dolore.
Il diavolo non vuole uscire dall'inferno. Vuole che tutti gli tengano compagnia.
Vuole condividere il dolore, diffonderlo affinché non abbia più importanza chi ha torto e chi ha ragione, cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa sia felicità e cosa amarezza e fiele, cosa verità e bellezza e cosa illusione: quando tutti saranno con lui, niente di tutto questo avrà più importanza: vuole approvazione, numeri, perché è l'unica cosa cui può aspirare.
L’Uomo che ha assaggiato l’Albero vuole numeri, seguaci, simpatizzanti, perché è solo questo che può ottenere, non altro, non pace, non felicità. Ridicolizza chi è rimasto nel Giardino, chi non si è avvicinato all’Albero: è l’unica cosa che può fare, non può togliere il Giardino a chi ne è il proprio Custode. Può solo devastare l’Eden di chi si lascia sedurre; di chi, ingannato, accetta di scambiare il proprio Giardino col condominio soffocante di un altro.
L’uomo che ha assaggiato l’Albero vuole condividere ciò che ha, non importa se ciò che ha è morto.
Tutti coloro che assaggiano l'Albero vogliono ascolto e numeri, riconoscimenti, approvazioni. Vogliono condividere il proprio inferno, piccolo o grande, strappare dal Giardino, affinché ogni dolore e ogni perdita venga condivisa. Non possono e non vogliono tornare nel Giardino. Non sopportano chi vi abita. Disprezzano chi si è salvato da quest'inganno.
L'Uomo e la Donna erano liberi, e questo non poteva essere accettato da chi porta in sé la rabbia di essere decaduto, di non vivere più quello stato di trascendenza, di indifferenza al dolore, di non conoscenza del male e della sofferenza che erano proprie della prima coppia. Dovevano decadere anche loro.
Deve decadere chiunque sia in pace, chiunque curi il giardino senza guardare l’Albero, tutti devono perire, tutti coloro che rifiutano la “conoscenza”. Devono essere denigrati, ridicolizzati, disprezzati, ingannati, convinti, sedotti, edotti, informati, educati, elevati, devono essere portati allo stadio di conoscenza da cui non potranno tornare indietro, devono entrare nel meccanismo che li renderà tutti uguali, curiosi, interessati, evoluti, e dannati.
Tutti devono essere dannati. Non hanno il diritto di disinteressarsi del mondo, curando semplicemente il Giardino.
Siano maledetti: fannulloni, ignavi, creatori di miseria, criminali, menefreghisti, egoisti, peste della società, complici dei ricchi, concausa della miseria, restii a creare un nuovo ordine, un nuovo mondo, in cui finalmente l’inferno di alcuni abbraccerà tutto il creato. Loro abbracceranno la conoscenza o verranno distrutti, l’uomo nuovo verrà creato e il giardino spazzato, perché non c’è niente che possa essere dato da dio e tutto verrà creato dall’uomo, quell’uomo che ormai ha perso Dio e non sa più come fare, cosa fare, come riuscire.
Avendolo strappato dal Giardino, allora l’uomo decaduto insegnerà ad altri come fare, si farà Dio al posto di Dio. Però non sarà così stupido da scoprire le carte, dirà semplicemente che Dio non esiste, il Giardino non esiste, è tutto qui in questa vita, con questi sensi, e che lui non vuole insegnare, ma solo condividere. E giù e giù nell’inferno. Personale e collettivo.
Non c’è conoscenza, non c’è libertà in questo. C’è bisogno, devastazione, in cui il riconoscimento altrui è balsamo sulla ferita aperta: dimentichi il dolore, almeno per un attimo, almeno per un giorno. E domani si cercherà di nuovo il balsamo per le ferite. Molti cercano la conoscenza del bene e del male, solo perché non si rendono conto che è tutto lì, nell'Eden.
L'albero è ben visibile, è noto, ma non devono mangiarne, non devono cercarlo. Quel passo è fatale
Cos’è l’inferno? Posso dire quale ne è il segno: non sapere come fare, non sapere cosa fare, per raggiungere l’Albero.
E una volta raggiuntolo, cercarne un altro.
Capita spesso che l'uomo persegua con ardore alcunché di cui sente la mancanza; e poi, quando l'ha raggiunto, cominci a giudicare diversamente, perché i nostri amori non restano fermi intorno a uno stesso punto, e ci spingono invece da una cosa all'altra
De Imitatione Christie, Capitolo 39
L'Uomo e la Donna era felici. Erano in un stato di Grazia. Eppure sono stati tratti in errore. Non erano ingenui, ma creature dotate di una saggezza formidabile, inimmaginabile. Ma erano dimentichi della loro vulnerabilità, di essere uomini e non dei.
L'inganno: la tua vita è incompleta. Non ha senso. Ascoltami e io ti indicherò la strada della conoscenza.
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E' una riflessione affascinante, su un tema eterno.
RispondiEliminaIn chiave Zen, la "conoscenza del bene e del male" ricorda molto la caduta dall'unità perfetta al duale, dove non si percepisce più che gli opposti sono parte dello stesso Uno e la visione parziale ci impedisce di godere la perfezione del tutto.
Perchè gli uomini si sono lasciati tentare e sono caduti, se si trovavano in un tale stato di grazia e completezza?
Forse perchè il duale è anch'esso parte dell'Uno. Inferno e Paradiso sono entrambi parte di Dio, così come luce ed ombra sono fatte della stessa sostanza polarizzata in opposti.
"Perchè gli uomini si sono lasciati tentare e sono caduti, se si trovavano in un tale stato di grazia e completezza?"
RispondiEliminaSemplice: avevano tutto ma dipendevano da qualcun altro. Vollero oltrepassare la loro stessa natura e ergersi a dei, liberi di scegliere il proprio destino. Suona familiare vero? E' quello che succede ogni giorno, gli uomini vogliono essere liberi e non dipendere da alcuno. E' tutto lì. PEr quanto mi riguarda è quella la radice del male. La quale per molti è la radice del bene. Ma non credo che siano la stessa cosa, sono cose diverse. Io voglio dipendere da dio e non voglio la "mia" libertà, voglio la "sua". Nella libertà del giardino erano davvero liberi, il giardino di un altro. Nella "propria" libertà gli tocco lavorare, partorire con dolore figli che poi si sarebbero ammazzati tra loro, gelosi.
Inferno non è parte di dio, è un po' lunga da spiegare ma Inferno è l'incapacità di vedere, sentire, toccare Dio che pure è lì. E quindi diventa limite, incapacità di gioire, essere felice, amare, essere amati, vivere, è cercare un senso alla propria vita in quanto evidentemente non ha senso in quello stato, sono diecimila domande e alcuna risposta, è girare sempre in tondo (concetto caro anche al buddismo e all'induismo).
Discorso lungo. Hai pubblicato un post tutto di immagini ieri, ma almeno che so, una didascalia!!! :-)