Come l'altra volta, un articolo di Elisa Barindelli ha dato origine ad un mio post.
Vi invito a leggerlo, prima di proseguire, “La tecnologia non è la causa dei nostri difetti”, molto bello:
Ho iniziato a scrivere un commento, poi era troppo lungo e lo pubblico qui. Riprendo alcuni spunti di Elisa (se mi permette di darle del tu :-)):
Non esistono minimalisti famosi.
Se uno è minimalista per forza di cose non è famoso.
Però esistono pseudo minimalisti in cerca di fama.
Mio zio è minimalista, vive sul mare, ha i cani, recupera la legna per la stufa, riutilizza tutto. Mio padre non ne parliamo, non sa cosa sia un ventilatore, l'aria condizionata, non ha il gas da città, non gli è mai servito. In Sicilia non serve, almeno non a quelli di una certa generazione. Ne avete mai sentito parlare di mio padre? Di mio zio?
Eppure loro sì che possono insegnare come si vive con poco, con poca acqua addirittura, dato che in Sicilia è razionata. Non parliamo di cose come il PC, etc, hanno il cellulare e la linea telefonica. Anzi, no, mio padre la scrocca a mia nonna. E' minimalista e pure scroccone.
Naturalmente non sa cosa sia un minimalista.
I minimalisti “noti” non fanno che applicare una vecchia e ormai consolidata tecnica pubblicitaria sviluppata negli anni 50 negli USA.
Consiste nel trasformare mediaticamente un prodotto “culturale”, un idea, una visuale, in un prodotto “naturale”, un qualcosa che c'è sempre stato.
A spacciare quindi un costrutto culturale per un fatto connaturato all'esperienza umana. Non è così. E' proprio un prodotto nuovo, un idea nuova, sotto mentite spoglie. Per forza di cose è anche un'idea “ricca”, ovvero un 'idea che può nascere solo in un contesto ricco, come quello in cui viviamo. Tipo l'arte povera che a volte costa un occhio.
Qual'è la differenza?
La stessa differenza che passa tra una moda (passeggera) e un'utilità vitale, esistenziale (permanente). Il prodotto così confezionato è vendibile, nobilitato, giustificato.
Quando all'università studiavo il marketing e la pubblicità ricordo la straordinaria esperienza dei biscotti del “Mulino Bianco Barilla”. Furono una vera rivoluzione in quanto, per la prima volta in Italia, non fu la pubblicità ad adeguarsi al prodotto, ma il prodotto “nacque” in seguito ad un lavoro forse durato anni di indagine sulle attitudini dei consumatori in cui vennero coinvolti celebri personaggi del mondo della sociologia che oggi scrivono per riviste affermate e sono autori di best-seller divulgativi. L'Azienda, in quel caso, non aveva il prodotto, ma una capacità produttiva inutilizzata e non sapeva bene cosa farne. Un precedente progetto andò in fumo e si decise di provare la strada dei biscotti.
Indagini di mercato avevano rivelato che i “biscotti Barilla” non avrebbero attirato i consumatori. Allora serviva trovare un marchio “contenitore", qualcosa che richiamasse la tradizione del biscotto. Si pensò ad un marchio di tipo inglese, perché l'Inghilterra è la patria, la casa, dei biscotti. Poi però, proseguendo con gli studi e le interviste, ci si rese conto che la vera “casa” dei biscotti era un'altra: la pancia. Occorreva approfondire, trovare un legame emotivo, la “pancia” sì, ma non solo quella fisica, ma anche emotiva. Indaga che indaga, si arrivò infine alla scelta del marchio “Mulino Bianco”. Perché? Perché durante i test ci si rese conto che le sole parole “Mulino Bianco” evocavano ricordi lontani, calorosi, familiari, di un tempo perduto, anche in chi un mulino non lo aveva mai visto in vita sua.
Ecco come trasformo un prodotto “culturale”, un idea (di marketing) in un prodotto “naturale” (indispensabile, la propria storia, i propri ricordi, in alcuni casi una speranza per il futuro che c'è sempre stata e adesso, finalmente, viene rivelata).
Ora, questo è naturalmente un esempio in quanto sto parlando di un caso che si pone ai vertici della storia del marketing, un'Azienda che invece di imporre la propria immagine ai pubblicitari nella creazione del brand, accetta di farla definire in toto dagli stessi creativi. Addirittura che costruisce i propri prodotti, che sceglie i propri ingredienti sulla base di una precedente operazione di conoscenza sociologica.
Ma la chiave è la stessa:
Se si riesce a spacciare un'idea, una proposta mediatica, culturale, per “naturale”, si è ottenuto l'accesso ad angoli dell'emotività umana che immediatamente spalancano porte altrimenti precluse.
Questo è il motivo per cui le idee chiaramente più di tendenza, modaiole, vengono a volte accettate con filtro quasi nullo. Non dico messe in pratica, è cosa diversa, ma accettate come “naturali”, anche se poi minimalisti non si diventa di certo. Ma si apre la porta. E con la porta aperta è possibile fare business. Ed io ammiro chi sa farlo, come ho spiegato nei post precedenti: la nostra economia si basa sugli scambi e quando si offre un prodotto, anche culturale, anche inutile, che viene lietamente accettato, addirittura contenti di versare un corrispettivo, è l'intera società che ne beneficia (a meno che non si tratti di armi o mine antiuomo che deploro).
Ma è un business. Ed è giusto che lo sia.
Naturalmente il minimalismo è un'altra cosa, ne abbiamo già parlato qui:
Se uno è minimalista la tecnologia non lo preoccupa.
Non lo spaventa. Il problema semmai è un altro: la tecnologia è necessaria al business. Senza tecnologia, senza media, non gira ”il nome”, non girano soldi, oppure girano solo attraverso i canali tradizionali ma è difficile per un emergente entrarvi, i posti sono già occupati.
Il minimalista è distratto (o almeno, io lo sono!)
Ora, se è distratto ed è pieno di gadget, neppure li vede. Nelle auto ci sono tantissimi indicatori, io non so a cosa servono. Neppure li vedo. Come faccio a farmi distrarre da qualcosa che per me esiste solo distrattamente? Non riesco neanche a comunicare la lettura del gas, l'indicatore sui termosifoni riporta quattro numeri diversi, ho dovuto spedire un fax per non sbagliare, con riportati tutti i dati che leggo. Come faccio a farmi distrarre da ciò che per me neppure esiste?
Il minimalista, quando incontra una tecnologia che gli serve davvero, non la molla più!
Mio padre col cellulare ha scoperto che può chiamarmi quando vuole. E' un problema trovare LUI invece, dato che è minimalista e la tecnologia LA USA, ma non ha ben chiaro perché debba rispondere al telefono quando altri lo chiamano. Il telefono serve a LUI per chiamare quando vuole, non ad altri per trovarlo quando vogliono. La pensa così. E quel cellulare non lo molla più, ma non risponde. Come fa ad essere disturbato dalla tecnologia uno che non risponde neppure al telefono? Perché si comporta così? Semplice: è minimalista dentro, fino al midollo. Pensa che se è davvero urgente richiameranno in un momento in cui avrà voglia di rispondere, cosa può esserci di così importante?
Le poche cose della sua vita le ha tutte sotto controllo!
Per me è lo stesso con gli mp3. Ne vado matto, le trasmissioni in podcast sostituiscono radio, TV, e rendono un piacere per me i viaggi del mattino in mezzo al traffico, aprono un mondo di conoscenze che altrimenti non potrei assaporare. Capita anche che sintetizzi intere piece teatrali in MP3 per ascoltarle dove voglio. Niente con TV, satellitare, pay-per-view, e tutto il resto, quella tecnologia la voglio!
E i libri classici disponibili gratuitamente in rete? A gennaio compro il lettore di e.book e dico addio a quintali di carta e librerie,
Perché sono distratto. Se una tecnologia mi piace ne vado matto. E' come la vecchia signora che non vuole saperne niente della modernità, poi passa un rappresentate col mega aspiratore che pulisce la casa in un baleno e lei glielo acquista subito in contanti (esperienza mia). La vecchina non so se è minimalista o meno, ma la schiena è schiena!
E Linux? Sapete quanto tempo sto dedicando a capirlo? Benedetto Linux, ha risuscitato il mio portatile di, ehmmm, quasi otto anni. Sembrava morto, adesso va che è un cavallo! Però il tempo lo perdo eccome a capire i comandi! Però finché va, un altro non lo compro. Farei presto, costa trecento euro tutto incluso, ma non è per i soldi, non è per questo o per quello, è proprio che ce l'hai dentro, è una specie di malattia, ogni cosa che reputi superflua ti appesantisce, ti annoia, non la vuoi, ti pesa. Ma quello che ritieni utile lo prendi eccome, al volo, anzi è amore a prima vista!
Però, alla fine, posso assicurare, è tutto tempo guadagnato, nonostante gli sforzi profusi, io mi diverto proprio con questo sistema operativo del pinguino, pensare che da qualche parte qualcuno ha lavorato, gratis, per permettere a me di salvare il mio portatile e stasera dialogare con Voi. Non l'ho neppure ringraziato.
Forse dovrei ringraziare troppa gente.
Allora esiste gente che fa le cose nell'oscurità, magari disinteressata, che usa la tecnologia perché gli piace, che la mette a disposizione degli altri in un forse folle, assurdo, impulso di generosità. Questa gente non odia la tecnologia. Anzi, ne fa participi gli altri. Così mi piace :-).
Ringrazio Elisa di http://www.landroideminimalista.com per gli spunti che sa offrire. E se avete reclami perché ho scritto troppo, prendetevela con lei.
E un caloroso augurio di BUON NATALE a tutti Voi!!!!!
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