Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


martedì 28 febbraio 2012

EVOLUZIONE


Sting (http://sting10.wordpress.com/) ha lasciato questo commento in un mio post:

"Io penso che l'evoluzione faccia parte della vita stessa senno' saremmo ancora scimmie"


Io credo che non vi sia ALCUNA evoluzione.


Non nel senso che comunemente riconosciamo al termine. Che vi siano mutamenti è indubbio ma evoluzione intesa come “miglioramento” è cosa diversa e addirittura fuorviante: evoluzione ha senso solo se riferita all'adattamento all'ambiente, senza connotati migliorativi alcuni.

Sono anzi costernato dal modo in cui la "teoria evoluzionista" sia diventata "legge dell'evoluzione" prendendo le connotazioni di fatto scontato e naturale. E' una delle aberrazioni del nostro tempo in cui si da per scontato ciò che con più forza viene propagandato. Più lo gridi e più viene accettato. Il fatto che da un brodo primordiale schifoso, casualmente sia stata creata la vita, che poi nell'arco di miliardi di anni sia diventata un velina che va a Sanremo senza mutande è un fatto comunemente accettato. E io mi chiedo: ma se si arriva a credere una cosa del genere, che l'ameba nel tempo sia diventata una prosperosa cubista di un metro e ottanta, ma a cosa non riusciranno a farci credere? A tutto. O al contrario di tutto.


Se si crede senza porre dubbio una cosa del genere, allora è possibile convincere una popolazione di qualsiasi cosa.


D'altronde come si fa a dimostrare che l'ameba non si è evoluta a supertettona tatuata? Mica si può prendere il residuo della zuppa e aspettare qualche miliardo di anni per vedere cosa succede. No. Non è possibile. Occorre solo insegnarlo ai bambini nelle scuole e il gioco è fatto. Dal brodo schifoso si crea la vita, per caso, che poi comincia a riprodursi, così, a duplicarsi da solo, poi diventa pesce, poi scimmia, infine va a Sanremo, e poi a Palazzo Chigi. Oddio, nel nostro Paese ci si potrebbe anche credere in fondo.

Ma qual'è qui l'evoluzione? Che prove si hanno che l'uomo preistorico non avesse in sé le stesse capacità, la stessa curiosità, la stessa "spiritualità", lo stesso desiderio di vita e di conoscenza che abbiamo noi oggi?


Io non credo affatto che vi sia stata "evoluzione" (miglioramento). Credo che vi sia invece "accumulazione".


Credo che l'uomo proceda per imitazione: non discende dalle scimmie, è proprio una scimmia. Copia e impara. Assimila e cresce. E' molto più alto che in passato, ma ciò dipende dalla maggiore quantità e qualità del cibo, dall'igiene, dalle scoperte scientifiche, i farmaci, la prevenzione, la modifica dell'habitat. Ma questo è evoluzione? Oppure l'uomo è in grado di far fruttare il patrimonio di conoscenze dei suoi predecessori, assimilandolo in sé e compendiando il sapere della sua specie?

Una famiglia ha due figli, tre anni di differenza l'uno dall'altro, il secondo sembra imparare molto più in fretta del primo, è precoce: è più evoluto o, semplicemente, prende il primo a modello e "copia". E impara. E ciò che il primo acquisisce con fatica il secondo replica soltanto e brucia le tappe.


E' "evoluzione" o "accumulazione" di scoperte che qualcun altro ha già faticosamente realizzato?


Un mentore permette di accorciare i tempi di apprendimento. Chi ha un mentore è più evoluto di chi che non ce l'ha?


Il suo cervello, la sua capacità è superiore, oppure, semplicemente, il fatto stesso di "copiare" è la vera chiave di progresso della specie?


Conosco la teoria della relatività. E anche le leggi di Newton sulla gravità. Non le ho scoperte io, le ho copiate. Ho lasciato che due menti, quelle sì speciali, prodigiose come solo le eccezioni alla regola possono essere, scoprissero ciò che era necessario, e poi la mia tribù umana si è appropriata delle loro conoscenze. Ho accumulato il loro sapere. Non mi sono "evoluto". Se fossi evoluto, le avrei scoperte io le leggi della relatività e quelle sulle gravità, o le scoprirei come hanno fatto i grandi. no, ho aspettato e ho copiato. E quando vado a scuola, all'Università, frequento un Master, io copio. Copio da gente che ha copiato, che ha copiato, che ha copiato, uno che davvero aveva un intelligenza fuori dalla norma. Ne basta uno e poi da copione a copione, noi scimmie copione condividiamo il loro sapere. Ma questo veniva fatto anche milioni di anni fa, solo che ci vuole tempo ad accumulare tutto quel sapere. Più tempo passa, meglio si costruisce quel sistema di copiatura che chiamiamo "comunicazione" che ci permette di accumulare nozioni, notizie, sistemi, esperienze. E noi accumuliamo, accumuliamo, accumuliamo. 
 

E poi, un bel giorno, vedendo che abbiamo accumulato tanto, beh, cominciamo a pensare che in fondo, sì, non siamo proprio divini, ma semidei sì. 


Si perché noi "evolviamo". Infatti un tempo avevamo un rene e poi è spuntato il secondo. Avevamo un occhio e adesso ne abbiamo due. Magari proseguendo con l'evoluzione spunterà il terzo. Io non riesco a capacitarmi di come si possa pensare una cosa del genere, tutte le fonti "storiche", o "preistoriche", i disegni nelle caverne, indicano un uomo fisicamente simile a noi. Non diverso, simile, uguale. Forse un po' più basso e più sporco, più ignorante, ma non viveva nelle condizioni attuali, non andava a scuola, aveva necessità di assumere una certa postura per adattarsi all'ambiente, non aveva calzature, l'elaborazione del linguaggio, processo lento di accumulazione di segni, simboli, fonemi, non aveva avuto il tempo necessario per svilupparsi. Ma aveva già una anima, una sensibilità, e in mancanza di strumenti adatti... disegnava. E seppelliva i morti. E pregava. Piangeva e si commuoveva. E seppelliva il suo bambino lasciando teneramente nella fossa scavata... il suo giocattolo.


Quell'uomo era già perfettamente completo.


Ovvero, dal punto di vista fisiologico, aveva già tutto il necessario per poter fare ciò che ha poi fatto per milioni di anni: copiare. Solo che c'era ancora poco da copiare. La differenza è tutta lì.

Prendete un bambino moderno, lasciatelo solo in mezzo ad un ambiente ostile e vedrete se non si comporterà esattamente come il preistorico. E' improvvisamente involuto? Oppure, semplicemente, non ha potuto copiare alcun comportamento?


Non c'è alcuna evoluzione (miglioramento).


Non come la intendiamo. Siamo imbecilli che copiano a perfezione e siedono sulle spalle di giganti che riescono praticamente da soli a inventare cose nuove, a scoprire, a meravigliarsi. E noi copiamo benissimo. Parliamo due o tre lingue senza aver mai inventato alcun nuovo fonema. E' questa la grande capacità dell'uomo, l'accumulo.

Ma le grandi menti sono evoluzione? Temo di no. Se lo fossero, sarebbero geni anche i loro figli, e i figli dei loro figli, sarebbe una modifica strutturale dell'albero della specie. Invece non tutti i figli di simili Giganti riescono ad uguagliarli. Magari è solo perché quando un grande ha aperto la strada basta copiarlo. 
 

E poi, ci siamo "specializzati".


Come le cellule del corpo umano, l'uomo ha imparato a svolgere solo alcuni compiti, quelli in cui presumibilmente riesce meglio. A concentrare le energie. Un preistorico doveva essere al tempo stesso medico, carpentiere, cacciatore, atleta, casalingo, poliziotto, militare, sindaco, padre e tutto il resto. Non avrebbe potuto eccellere in nessun campo, dovendo fare tutto, faceva poco di tutto. Oggi abbiamo imparato a specializzarci nel nostro ramo di competenza. E' ovvio che riusciamo a fare meglio non disperdendo le energie. Ma questa è "evoluzione"?

Io credo che l'uomo non si stia affatto evolvendo.


Credo invece che abbia sempre avuto in sé un potenziale enorme, sin dall'inizio, sin dal primo giorno.


Continua a copiare e a specializzarsi, ad accumulare, e ciò non sembra affatto essere un problema. Anzi, quando ha la fortuna di trovare quel campo di applicazione a lui consono, è disposto ad abbandonare tutto il resto per dedicarsi soltanto a quella funzione che gli arreca il maggior piacere, il maggior guadagno, il miglior successo, spesso disinteressandosi del resto in un modo che può sembrare patologico.

Attenzione: si critica questo comportamento invitando ad un ipotetico ritorno alla natura in cui l'uomo fa tutto da sé, autoproduce ciò che gli serve e batteria varia... E se invece fosse la specializzazione la naturale propensione dell'uomo, quello che ama davvero, quello in cui riesce meglio, che gli porta il maggior piacere di vivere? Se già nella sua costruzione vi fosse questo "piano", lo stesso presente in una cellula vivente, in un corpo umano, la "specializzazione" per poter "crescere", quella cosa che poi viene confusa con "evoluzione"?

E se chiedergli di rinunciare alla sua propensione fosse come chiedere ad un fegato di passare più tempo a fare il cuore, poi un po' il rene, e il cervello nel week end? Se "accumulo" e "specializzazione" fossero proprio le chiavi del successo della specie umana nella lotta per la sopravvivenza e la prosperità sua e della specie? 
 

E se l'uomo fosse già nato pronto, con un potenziale enorme che doveva solo essere liberato, senza necessità alcuna di evoluzione? 


E infatti dal punto di vista morale, spirituale, "umano", come si vede, non si è poi evoluto molto se ogni secolo ha portato milioni di morti e siamo letteralmente a rischio estinzione con ricca gamma di catastrofi a scelta, tutte in mano all'uomo: dalle guerre al nucleare, dalle armi batteriologiche all'effetto serra indotto dall'inquinamento.

Possiamo dire che in quanto a capacità distruttiva insita nell'animo umano non vi è stata alcuna evoluzione verso una minore aggressività nei confronti di sé stessi, degli altri uomini, dell'ambiente?

Possiamo dire che i primi testi dell'umanità, i grandi poemi epici, i grandi testi religiosi, riportano le stesse eterne domande che ci poniamo oggi? Senza soluzioni degne di rilievo, naturalmente. Però sono scritte meglio, non avendo materiale per sporcare il foglio di carta arrivano subito al punto.


E come liberiamo l'incredibile potenziale umano che ci è stato donato di fabbrica?


Meditiamo, prendiamo qualche allucinogeno, andiamo in Tibet? Studiamo tanto, prendiamo tre lauree, ci bombardiamo di musica classica? Digiuniamo, ci liberiamo dalle scorie, ci ipnotizziamo a vicenda? Pratichiamo la castità, oppure il bunga-bunga nostrano per ampliare le conoscenze (e che conoscenze!)?
Io non credo a niente di tutto questo. E parto dalla storia dell'uomo e, soprattutto, della donna:


La liberazione del potenziale umano si attua con la liberazione dal lavoro fisico.


Sosteneva già Platone che uno schiavo costretto al lavoro manuale non era un vero uomo. Non poteva esserci alcun accumulo di conoscenza per chi era costretto al giogo. Ma chi era libero da ciò poteva studiare, ampliare il suo sapere, mettere a frutto il suo potenziale fisico, mentale, spirituale. Non dovendo più lavare i panni al ruscello una bambina poteva permettersi di studiare. Non si è evoluta, ha solo smesso di dedicare una parte della sua vita a strofinare i panni per dedicarsi a qualcosa che tutti, lei per prima, ritengono più pregevole.


L'"evoluzione" si realizza tramite l'abbandono del lavoro manuale non creativo.


Non parlo dell'attività creativa che ognuno ama fare ma di quelle incombenze ripetitive seppur necessarie. Liberi da queste, l'uomo può esprimere, se lo vuole, quella parte di sé che ancora è potenzialmente inespressa. Ma esiste ancora qualcosa di inespresso? Per saperlo basta guardare, ascoltare, i bambini e valutare la loro capacità di interiorizzare, apprendere, usare, incanalare la miriade di stimoli cui sono sottoposti oggi. Sono senza fondo. Continui a buttare stimoli e loro continuano a rispondere.

Il prezzo inevitabile per progredire è, naturalmente, la "specializzazione" e insieme la "collaborazione". E' quello che ha creato le moderne Società in cui, individualmente sappiamo fare solo una o due cose, eppure vengono create megalopoli di una complessità senza precedenti. Ora, se sappiamo fare solo una o due cose, come abbiamo fatto a creare tutto questo?

Se ci fossimo evoluti noi saremmo in grado di fare tutto. Invece sappiamo fare molto meno di un tempo, meno cose. Ma molto bene. Potremmo addirittura pensare di esserci in realtà involuti. Oppure stiamo seguendo un piano, una linea di comportamento iscritta nei nostri geni che ci porta verso una linea di organizzazione collettiva adatta alla nostra sopravvivenza?


Dipende ormai dalla nostra capacità di gestire lo straordinario potere che è stato infuso in noi, senza rovinare tutto.

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11 commenti:

  1. Oggi siamo ancora quello che eravamo ieri. Con molte nozioni in più ... ma non utilizzate nel vero senso del termine.
    Questa volta bastava davvero "un clic" ma abbiamo girato la testa dall'altra parte.
    Non abbiamo lottato questa è la verità.
    Siamo pinzillaccheri involuti nella specie.

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  2. Io lo dicevo che sei un grande! (L'articolo me lo copio d'ufficio su "Scelti per voi" ;)

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    1. Mi sa che se prendo te come Agente prima o poi mi daranno il Pulitzer! :-)

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  3. "stiamo seguendo un piano, una linea di comportamento iscritta nei nostri geni che ci porta verso una linea di organizzazione collettiva adatta alla nostra sopravvivenza?
    "

    Piu' o meno.

    A me sembra che siamo barchette che oscillano nel mare della vita. Siamo come le foglie di autunno che volano tutte insieme alla prima folata di vento.
    A volte sembriamo sciami di api.
    L'unica cosa che ci puo' far veramente evolvere come singoli individui ed emergere dalla massa e' la disciplina interna unita alla curiosita' che avevamo da bambini e che abbiamo soffocato crescendo.
    Dunque l'evoluzione e' in noi , aspetta solo di essere utilizzata.
    Del resto possiamo fare meglio di come stiamo facendo.
    Sempre.

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    1. In questo momento qui molti si accontenterebbero di non fare peggio!

      Lo stesso vale per me, se mi dicessero che le cose rimarranno come sono firmerei subito. Però io vivo un periodo soddisfatto.

      Aspetta, non ho finito di risponderti, il tuo commento proponeva altri spunti :-)

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  4. Io però non credo che nel termine evoluzione sia implicito un giudizio (meglio o peggio), se non in termini di adattamento all'ambiente.
    Cioè (prendendo l'esempio di una modificazione fisica): la selezione interviene su una mutazione (spesso genetica) facendo sopravvivere di più il soggetto che presenta le caratteristiche migliori non in assoluto, ma in rapporto al contesto esterno, quindi non migliori in senso morale, ma più utili e rendendo poi la mutazine un carattere trasmesso alle generazioni successive.
    L'evoluzione in senso culturale, naturalmente, è più difficile da studiare. Ma evoluzione per me significa solo capacità di cambiare.
    Una popolazione di aborigeni, per esempio, è meno evoluta di altre? No, semplicemente è evoluta quanto basta in rapporto a dove e come vive; non si è manifestata l'esigenza di cambiare oltre. Certo è inevitabile che un aborigeno trapiantato di colpo in una società ad alta tecnologia sia come un pesce che si trova a vivere fuori dall'acqua: è inadatto, ma può imparare.

    Per quanto riguarda, poi, il comportamento, io credo che ci siano istinti che nessun codice di comportamento e nessuna civilizzazione possano cambiare.
    Però credo anche, e in questo mi accodo al commento precedente, in una possibilità per ciascuno singolarmente di migliorarsi.

    Questa è l'evoluzione che io insegno a scuola e non mi sembra di rendere un cattivo servizio, ecco :)

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    1. Ciao,

      concordo pienamente sull'idea di "adattabilità all'ambiente". Può voler dire che in un ambiente criminoso in cui i deboli muoiono, solo psicopatici, crudeli, gente che non ha paura di morire sono "adatti" all'ambiente. In molte fasi storiche è così, in certi ambienti.


      La "cultura evoluzionistica" è solo un pretesto per giustificare il fatto che se uno è al vertice vuol dire che è stato "selezionato", non mi dilungo ma è un prodotto culturale sponsorizzato dalla nuova classe capitalistica che stava giustificando la sua ascesa anche dal punto di vista "storico", era lì perchè era la "migliore", "migliorata", "adatta" ai nuovi tempi.

      Allo stesso modo, i pigmei sopravvivono ove i più alti muoiono, quindi "evoluzione" può voler dire privileggiare i bassi;

      In alcune società i bambini più belli vengono rapiti, quelli brutti, sporchi e puzzolenti no. quindi le madri tengono apposta lerci i propri bambini per proteggerli;

      In un ambiente burocratizzato emergono le persone meno brillanti, meno inventive, ma in grado di integrarsi in un ambiente mediocre e spesso spietato, invidioso. Anche questa è adattabilità all'ambiente e il sistema premia i meno fantasiosi e più "concreti";

      Allo stesso modo, ho letto un interessante dossier scientifico da cui si evince che "copiare" è la miglior strategia di successo. Copiare sempre. Non inventare. In media, scegliere gli elementi migliori e copiare sempre assicura con il minimo sforzo il massimo successo, alle spalle dei poveri polli che si sforzano per creare qualcosa di nuovo.

      Ai bambini non viene insegnato a copiare, viene insegnato a fare da sè. Ma se copio prendo voti migliori con minimo sforzo. Negli studi e nella vita ho visto gente arrivare col minimo sforzo in questo modo e gente massacrarsi e rimanere indietro. E, una volta arrivati, chi vuoi che vada a vedere se quello copiava o era un bambino straordinario. Una volta arrivati è fatta, chi ha avuto ha avuto, ha avuto, l'"evoluzione" ha fatto il suo corso.

      (segue)

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    2. (seguito):

      Come si dice: "gli artisti copiano, i grandi artisti rubano".


      Ora, io comprendo pienamente la tua posizione, ma ciò che non viene detto è che essere "evoluti" non vuol dire essere migliori. Può voler dire "essere peggiori", adatti all'ambiente. Essere più bassi, più brutti, più violenti, più attaccati al denaro. Addirittura il carattere sociopatico (10-15% della pololazione mondiale) assicura quel distacco dai sentimenti altrui che ti fa stare tranquillo quando altre persone soffrono per le conseguenze delle tue azioni. La sociopatia è evoluzione? Il sociopatico non soffre di stress, lo scarica sugli altri, senza problemi. Attenzione non parlo dello psico-patico che è riminale, il sopciopatico è soltanto dotato di minima empatia, è un cartattere presente, è quel tipo che ti brucia la casa per cuocersi due uova. E' un carattere diffuso e non soffre per il danno che provoca. altri non ci dormono la notte. Il sociopatico è adatto a questo tipo di ambiente e prospera come un parassita.

      Insegnamo evoluzione ai bambini, adattabilità all'ambiente? Bene, insegnamogli ad essere sociopatici, a simulare i sentimenti invece di provarli allora. Sono ai vertici del mondo. In grado di dichiarare guerre, licenziamenti, far crollare un sistema finanziario, mentire, ingannare senza problemi. Ma noi non accettiamo "questa" evoluzione vero? Non raccontiamo questo nelle scuole. Perchè?

      Perchè l'"evoluzione" che raccontiamo ai ragazzi, che ci raccontiamo, è una favola.


      Una vera scienza, che non fosse un costrutto idealistico al servizio delle elite, dovrebbe proporre questa "evoluzione", ma sarebbe guidicata "immorale" e non renderebbe un buon servizio. Le classi dominanti accetterebbero una "evoluzione" in cui si spiega che sono lì perchè manipolatori, lecca-qualcosa, pugnalatori alle spalle, fortunati, perchè l'ambiente è spiritualmente degradato e loro spiccano?

      No, noi dobbiamo illuderci di essere persone per bene. E tra le persone per bene emerge chi è più "per-bene". Il discorso ideologico è pronto, possiamo dire che l'ameba è diventata velina (se qualcuno ci crede).

      Ciao, grazie per il tuo intervento :-)

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  5. Aspetta, io ho detto che a livello culturale e sociale il fenomeno è più complesso, anche perchè intervengono altri fattori oltre la selezione naturale: le leggi, per dirne una. Inoltre, a livello sociale, i vertici, cioè chi detiene il potere, hanno sempre l'interesse a mantenere lo status quo (ponendosi in forte contrapposizione con la stessa idea di evoluzione) e anche questo modifica il quadro. A me sembra che la società sia composta di tanti esistemi diversi, all'interno dei quali evoluzione può voler dire diverse cose. Inoltre, il percorso dell'evoluzione non è un percorso senza soluzione di continuità e sempre in crescendo, perciò serve uno sguardo molto lontano e molto globale, a volte, per coglierla.

    Se chi sta ai vertici pensa di esserci arrivato per la selezione naturale o per la teoria evoluzionistica, beh, a me vien solo da ridere :)

    Per quanto riguarda il resto, io non credo che il modello sociopatico sia un modello vincente, che si adatta meglio all'ambiente. Forse intendi dire che la personalità dello "stronzo" fa carriera in determinati ambienti molto più che la personalità empatica e su questo sono d'accordo: è quello che succede, in effetti, per i meccanismi stessi di alcuni tipi di carriera. Ma se ti dovessi dire che questo coincide con il successo, dell'individuo e della specie, ti direi una bugia, perchè non lo penso.
    Io ai bambini e ai ragazzi insegno che vale la pena fare da sè e non copiare, val la pena sforzarsi di confrontarsi proprio perché credo che sia possibile il cambiamento (non una sua giustificazione ideologica, che, hai ragione, è penosa e irritante, come ogni giustificazione ideologica, direi), a partire dal basso e dall'individuo, con l'obiettivo di contribuire ad un diverso tipo di società nella quale non valgano più alcuni meccanismi. Sono una goccia nel mare, ovviamente, ma è quello che posso attivamente fare :)

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    1. Guarda, implicitamente l'aggressività e la violenza insita in ogni struttura di potere viene giustificata dalla storia che ci propinano.

      Faccio un esempio dei più banali: l'homo sapiens e di Neandhertal. Una razza scompare (o viene assorbita) l'altra predomina. Perchè? Non scendo nei dettagli, diciamo che i sapeiens erano in grado di procurarsi armi migliori, si pensa che semplicemente uno dei due gruppi doveva sparire per permettere all'altro di evolversi. Noi inculchiamo la selezione genetica già nelle teste dei bambini, dove vince il più abile. Pensi che non c'entri niente con il tentativo da parte delle eterne elite di procurare una giustificazione alla loro ascesa, spesso violenta o quantomeno a scapito di altri gruppi?

      La favole che mia nonna era una medusa, arriva a giustificare, nel suo sviluppo il predominio del forte sul debole, del vincitore sullo sconfitto, del sapiens sul neandhertal. E' vero che uno vince e l'altro perde, è sempre stato così, ma non è la 2naturale" legge dell'evoluzione, è la legge di chi è più violento. Ma presentarla così non suonerebbe bene :-)

      Non è importante ciò che crede chi sta ai vertici, è importante conformare l'intera società a certe credenze. L'evoluzione è una credenza. Non c'è alcuna prova che l'uomo derivi da altro animale, che uomo non derivi da uomo, che fossero una specie unica. Non è mai stato trovato "l'anello mancante", quell'essere che improvvisamente acquista un'anima, che inizia a pregare, a trascendere sé stesso. Sono stati trovati solo uomini che già dimostravano di avere un'anima, anche se i loro mezzi espressivi erano limitati ancora. Mi fermo qui.

      C'è una ricerca sul modello sociopatico, in cui si dimostra non solo che è un modello vincente, ma che addirittura le Personalità Giuridiche, quelle aziende la cui responsabilità non può essere imputata ad una persona ma alla stessa "personalità giuridica" appunto, seguono un modello sociopatico: basta vedere l'indifferenza con cui distruggono ambiente, persone, etc...

      Quindi, nel campo degli affari, il modello "sociopatico" non solo è vincente ma è quello adottato d'ufficio dalla legislazione viggente: distinzione tra potere e responsabilità personale. La responsabilità è, non della persona, ma dell'azienda. E chi è l'Azienda? C'è un bel documentario in proposito, però non ricordo il titolo, forse "The corporation".

      Allo stesso mdo, tra i trader speculativi, la personalità sociopatica è la più diffusa: alta propensione al rischio, poca cura delle conseguenze, indifferenza ai risultati delle proprie azioni, quindi chi non prova stress o rimorso va avanti, gli altri si fermano... adattabilità all'ambiente con selezione delle personalità più "adatte". Il sociopatico è il più adatto a fare il trader, gli altri non reggono allo stress del male fatto alle famiglie rovinate, non ce la fanno.

      Scusa se mi dilungo, non voglio sicuramente infierire con te e che no c'entri niente, Ciao :-)

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  6. Ma no, figurati, il punto di vista diverso è ancora un diritto :D

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