Se non ti preoccupi del tempo porterai la tua missione subito a termine.
Hagakure, libro II passo 130
Vedo, voglio, desidero. Allora progetto, programmo, studio, penso, provo. Però mi accorgo di non avere sufficienti energie. Devo fermarmi, non riesco. Mi rendo conto di essere appesantito dal troppo. Rifletto. Per riuscire ad ottenere devo prima abbandonare tutto ciò che c'è di inutile, devo prima “ripulire”, concludo. Mi sembra una buona conclusione.
Prevedo che almeno ¼ del tempo necessario per realizzare ciò che desidero dovrò passarlo a ripulirmi, la mente, lo spirito, le esigenze, il corpo (devo essere in salute), i pensieri, le conoscenze, le credenze. Devo immergermi nel silenzio per quando disabituato, devo farlo se voglio realizzare il mio scopo.
Per andare in guerra, per ottenere, devo essere preparato, libero.
Per il primo quarto del percorso non lavorerò sul mio fine. Forse ci penserò, ma lavorerò sullo svuotarmi, sull'avere più tempo, da gettare, non ha importanza, più spazio, sprecato, non ha importanza, meno conoscenze, meno sapienza, chiederò e pazienza se passo per stupido, non ha importanza, meno produttività, per adesso sono disposto a sopportare la perdita, non ha importanza.
E' solo per ¼ del tempo, poi inizierò a lavorare sul mio “vero” obiettivo. Pessimo sistema per ottenere qualcosa, già fissare la mente su un obiettivo la limita, ma non riesco ancora a liberarmi degli scopi, non completamente, e allora agisco svuotandomi, ma in vista di qualcos'altro, non mi illudo di essere privo di desideri.
Lavoro in maniera graduale, un po' ogni giorno, non molto, non tanto da arrivare all'esaurimento, ma ogni giorno ripulisco, con disciplina. Ho programmato che ¼ del tragitto, forse addirittura di più sarà dedicato a questo: a riuscire a vivere ogni giorno in vacanza, svuotarmi. Non per essere vuoto, ma per poi proseguire verso l'obiettivo.
Vivere il primo quarto come se fossi in vacanza mi fornirà le energie fisiche, spirituali, mentali di cui ho bisogno.
La vacanza è serenità perché è un tempo in cui non devo cercare niente; è tutto giustificato perché... sono in vacanza, non al lavoro! E' normale, riconosciuto, è un tempo di tregua, accettato personalmente e socialmente, le domande, i dubbi torneranno a settembre. Il tempo delle domande è il tempo del lavoro. Quando sono in vacanza è come se andasse tutto a posto, ho il tempo di pace, di sospeso, di senso anche senza fare niente, perché... sono in vacanza! Ha senso in quel momento riposare, non fare, godere, vivere.
Poi opero la partizione tra tempo di vacanza e di lavoro, e torno alle domande perché reputo che il tempo di pace (vacanza) sia terminato. Non ho più diritto di restare senza domande e senza ipotesi di soluzioni. E' proprio una partizione mentale e volontaria che io opero, aiutato dal fatto che c'è l'interruzione di lavoro, ma in quei giorni io decido che non è il tempo delle domande. E, in quei giorni, le domande perdono senso e svaniscono. Si dissolvono rivelando la loro inutilità perché... in quei giorni non ho bisogno di risposte, sono in vacanza!
Perché non estendere questo tempo? Il tempo delle non-domande, delle non-preoccupazioni?
Se riesco a superare la frattura vacanza/lavoro, non a livello fisico (si deve andare al lavoro) ma a livello spirituale-mentale-di attitudine alla vita, allora non ho bisogno di nuove domande, posso rimanere sereno. (Le domande saranno sempre le stesse e le risposte già trovate sono corrette e più che sufficienti).
Allora decido di utilizzare questo tempo di, chiamiamolo così, sospensione del giudizio, vacanza, eliminazione del dovere convenzionale, come si vuole insomma, ma che sia un tempo di preparazione al mio progetto, di piacere per ricaricarmi di energie, solo per 1/4 del tempo necessario: se ho deciso di impiegare due anni per realizzare un progetto, i primi sei mesi saranno di ricercata pace, di impegno per svuotarmi, di sospensione di paure e stimoli distruttivi, di rinvio di ciò che non è urgente né importante. Solo per ¼.
Ma accade l'inaspettato.
Giunto a meno di ¼ del percorso, ho appena iniziato a ripulirmi dentro, a vivere in vacanza, che non vedo più le cose come le vedevo prima. Gli obiettivi originali perdono rilevanza, non mi interessano più, appaiono vuoti, inconsistenti, non riescono a camuffarsi da cima del mondo. Ciò che era oggetto delle mie ambizioni sta svanendo, mi appassiono all'adesso, al primo quarto.
E' lo svuotarmi dentro che ha aperto un mondo di cui non sospettavo l'esistenza. Comprendo che tutti i miei desideri non erano altro che il frutto dell'essere troppo pieno e di non riuscire ad accogliere la vita così come si presentava: essendo saturo non riuscivo a vivere il presente; essendo recettivamente morto (pieno da scoppiare) desideravo vivere e progettavo la vita che avrei voluto e non riuscivo a recepire. Ma, iniziando a svuotarmi, la vita è potuta entrare e riempirmi di azioni, opportunità, energie, intuizioni, per fare, e non solo per desiderare. Anzi il desiderio mi appare adesso come il tentativo di compensare ciò che non stavo vivendo, che non potevo vivere.
Più mi avvicino all'1/4 del progetto iniziale, più realizzo la vacanza, più mi accorgo che...
Sono già arrivato. Il restante ¾ sono ormai cose che non mi interessano più.
Ho già quello che mi rende felice: la potenzialità, infine liberata, per essere felice, ogni giorno. I ¾ ultimi del mio progetto scompaiono, sono sereno, non mi interessano più. So che si realizzeranno comunque.
Basta ¼ di ciò che pensavo dovesse rendermi felice, per rendermi felice davvero, per realizzare la mia vita. Il primo quarto, quello giusto.
Devo ricordarmelo quando questo momento si esaurirà e avrò dimenticato chi sono.
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