Felicità è molto più influenzabile dal mio modo di guardare il mondo che dal mondo stesso.
Come stai mi chiede la signora anziana dai capelli cortissimi. Annoiato rispondo. Va tutto bene, molto bene, e sono annoiato. Non percepisco che tutto va bene. Vieni con me stasera e non ti annoierai dice. E’ in trattamento, lotta per la vita, contro un tumore. Stasera forse altre cure, altre sofferenze, io mi annoio, lei si aggrappa alla vita con tutte le sue forze e dice agli altri di godere, godere, godere intensamente di ogni gioia, di ogni minima cosa, godere della vita. Lei ne è capace, io no, gli altri no. Ecco dov’è la felicità, dove credevo che fosse?
La felicità sta nella capacità di trovarla, ogni giorno, in ogni momento.
Mi sono chiesto perché occorra aspettare la morte per scoprire la vita. Distrazione, obnubilamento, insensibilità, fretta, mi sono chiesto. Tutto vero. C’è qualcosa di più. Quella donna ha smesso di guardare gli altri. Il suo corpo l’ha tradita, la sua realtà si è ridotta ad esso, ai suoi cari, ad ogni suo respiro. Il mondo, il resto, chi ha più e chi ha meno, chi fa questo e chi fa quello, l’informazione, la cultura, il sapere, niente ha più importanza, non serve, è superfluo. C’è il suo corpo e la sua famiglia, non riuscirebbe a guardare oltre.
C’è tutto ciò che serve. Il resto, il mondo intero con le suo gioie e i suoi dolori si è dissolto. E’ rimasto un universo a cui attingere, ma è quello immediatamente percettibile, vicino, fatto di lotta, speranza, dolore, lacrime e pianto, morte e resurrezione, ogni giorno e si è accorta che era più che sufficiente, altro non serve. Non potrebbe intervenire su niente, cambiare niente, non riesce neanche a dominare il suo corpo, chiedergli di non farla morire. Ha percepito la realtà della sua esistenza, può solo gioire di ogni giorno, ogni istante, con una intensità che le leggi negli occhi ma non sei in grado di riprodurre, scomporre, provare…
Non riesco ad essere vivo come lei. Non riesco ad essere felice di vivere come lei.
La sua energia mi sommerge. E’ primordiale, istintiva, vitale. Si muove poco, sorride molto. Ma non è il viso che cerca un sorriso, è il sorriso che cerca lei. E’ una bambina nel corpo di un’anziana, ritrovata.
Io mi annoio. La giornata perfetta, ordinata e uguale mi annoia. I progetti realizzati mi annoiano. Perché so di non poter creare la mia felicità, anche se le cose vanno come voglio io, come ho progettato, programmato, voluto. Io so che dopo la speranza, dopo l’azione non viene la felicità, ma la noia. La felicità è un’altra cosa. Non è sulla strada che ho tracciato, è a lato, sta facendo l’autostop aspettando che la prenda a bordo.
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Uhmmm ... Senza parole, ma tanta tanta meditazione . Grazie :)
RispondiEliminaLa felicità è un'altra cosa, dici. E' l'altra cosa, è ogni cosa. E' una cosa? Ma cosa ne sappiamo noi...
RispondiEliminaLaStancaSylvie
# Sylvie,
RispondiEliminalo sappiamo quando la incontriamo. E' uguale a mille altre "cose", all'apparenza un gioiello indistinguibile dalla paccottiglia, dal finto, dall'autoillusione, ma quando la incontro la riconosco, non è robaccia agghindata, è felicità. E non è dove mi aspetto che sia, non è lungo la via che abbiamo tracciato noi. Se così fosse, saremmo tutti felici.
# Graziana: già... il problema è che mi ha riempito di energia, di benessere, ho voglia di scalare qualche vetta per sentire l'aria nei polmoni e la stessa sua vita che scorre in me, e chi dorme stanotte?
Felicità è molto più influenzabile dal mio modo di guardare il mondo che dal mondo stesso.
RispondiEliminaQuesta farse è veritiera e sta alla base di tutto. Mi chiedo perchè, se dipende da noi, non riusciamo mai ad agire in modo da poterla vedere?
Ti seguo da un pò..mi piace meditare su ciò che scrivi!A presto :)
# Dreamy:
RispondiEliminala risposta è qui:
http://exodusclic.blogspot.com/2010/08/la-felicita.html
Ahemm... è appena accennata nel post, nel libro indicato invece la tua domanda è sviscerata per intero. Non sono le risposte a mancare ma la capacità di accettarle.
Ciao!
La felicità ... perchè quando la si incontra non si riesce a tenerla? E' come se non ci bastasse, ce la scordiamo, la mettiamo da parte.
RispondiEliminaUn sorriso a tutti!
# Emanuela:
RispondiEliminamagari è un dono, mentre noi siamo convinti che debba essere un merito... Che dobbiamo meritarcela...
Ecco la chiave. " ha smesso di guardare gli altri ", sta con se stessa e si incontra in ogni attimo, trova l'Amore in Se e per se. Magnifica donna, magnifica storia
RispondiElimina# I am:
RispondiEliminagià... ieri ho saputo che ha già ripreso il lavoro da una settimana, fa le pulizie nella mia azienda insieme a tante giovani, ed è arrivata come al solito per prima.
Una ragazza ha annunciato la sua gravidanza e ha voluto toccarle la pancia, sentire la vita. E giù a dirle di godersi ogni momento e...
E' stato un pomeriggio strano ieri, credo di avere ancora i capelli ritti in testa, senza gel.
Andate qui, c' è un bel post:
RispondiEliminahttp://downshiftingbaby.wordpress.com/2011/09/15/like-a-prayer/
Ciao.
La felicità non esiste, momenti buoni, euforici, di grandi emozioni si, ma durano poco. Lo stato di felicità sarebbe anche assurdo, non riesco nemmeno a pensarci come sarebbe. Qui da te c'è da perdersi ogni volta, un saluto.
RispondiElimina# Tiziana, ciao,
RispondiEliminaPoco fa guardavo una bella donna davvero di 45 anni, da i punti alle trentenni, ma non ha avuto la vita tranquilla e di successo che ci si sarebbe potuto aspettare. Ha un bel corpo, credo pratichi ginnastiche dolci, dorme molto, ha un compagno.
Oltre a ciò lei riceve proprio dal suo corpo autentiche scariche di felicità, come le riceviamo tutti insomma, sono scariche naturali, endocrine, ormonali, il nostro corpo è programmato per darci piacere, altrimenti moriremmo, dal punto di vista evolutivo ci saremmo estinti. Basta vedere nelle corsi degli ospedali chi soffre di emorroidi op di altri disturbi di evacuazione: quando si perde lo stimolo del piacere e lo si sostituisce con uno stimolo doloroso la persona non va più in bagno; non fa più l'amore; non mangia più se diventa faticoso... insomma gli stimoli del piacere nel nostro corpo li abbiamo tutti e sono indispensabili a tenerci in vita.
E so che questa donna ha degli stimoli forti in quanto evidenti, senti davvero correnti di piacere di vivere che l'attraversano, negli sguardi, nei sorrisi, nella sua allegria. Però... la gestione di questa felicità è un'altra cosa. La gestione nel tempo di questi stimoli è un altra cosa. E se non si acquisisce la saggezza necessaria ad amministrarli, il tipo di pensiero necessario, come dici tu, e forse è questa la maggioranza dei casi, rimangono momenti passeggeri di scariche vitali, in cui il corpo pompa disperatamente cercando di darci quell'energia che rappresenti la voglia di vivere e ci mantenga in vita (con la voglia di vivere alla massima espressione).
La felicità non è un momento, ma è un arte che permette la perpetuazione del momento. E, come ogni arte, deve essere studiata, mantenuta, lavorata, custodita. Io trovo che molti parlano di obiettivi, di realizzazioni, di scopi, etc, ma pochi considerano la felicità in quanto tale, come scopo fine a sè stesso, viene presentato come un derivato di qualche altra attività. E' normale allora che l'arte venga perduta, che non ci si impieghi del tempo.
Felicità non è matrimonio, figli, successo, realizzazioni, sport, bellezza, benessere, è un'altra cosa che deve essere messa al centro mentre noi la consideriamo sottoprodotto di queste azioni, sbocco naturale. E' normale che poi non si riesca a far fruttare nel tempo l'oceano di emozioni gioiose che ci pervade, si lascia sfumare tutto.
La donna di cui parlo avrebbe potuto avere tutto ma è mancata in questo, un tipo di pensiero, di armonia che mettesse a pieno frutto i doni della vita.
A proposito:
"Non chiedere mai la strada a colui che sa.
Potresti non perderti".
Simone Bernard-Dupré
"Qui da te c'è da perdersi" lo ripeto perché obblighi chi ti legge a riflettere "perdendosi" e ogni tanto ritrovandoci, in un mare di considerazioni, di domande, di riflessioni, ci aiuti a guardarci dentro. Proprio perché la felicità non è un momento ma come dici tu è un'arte, non penso che esista, perché il coltivare pregiudica una ricerca, e quindi non essendo naturale e spontanea non ritengo essere di possibile realizzazione. Forse la parola "felicità" è troppo ingiustamente usata per capirne il vero significato, forse non lo riconosco più in quanto tale. Lo vedi quanto ci si può perdere qui da te. :)
RispondiEliminaGuido l'auto ogni giorno. Piano. Fluida. Non cerco di andare veloce, ma di creare il minimo di scossoni, percepisco i giri del motore, sento la carrozzeria. Ogni giorno cerco, come in un gioco, di ridurre le vibrazioni al minimo. Diventa tutto naturale. Ma prima non lo era. E' un'arte, l'arte di guidare e mica è stato facile, ho dovuto imparare. Ma mi è successo di guidare praticamente dormendo, senza sforzo. Quindi l'arte diventa naturale. L'arte della felicità è uguale.
RispondiEliminaUna nasce sapendo fare la mamma o impara? Solo perchè impara, tra mille errori, si può dire che fare la mamma, dopo anni non è naturale?
E camminare, è naturale? Prova a crescere un bambino senza insegnarlo, vedrai come cresce diritto! Andrà carponi a meno che non lo allevino le scimmie che vanno su due zampe. Deve imparare. Ma poi, avendo imparato la coordinazione, il controllo, l'arte del camminare, si può dire che non è naturale solo perchè abbiamo dovuto imparare l'arte?
I lanciatori di coltelli, i macellai, l'uomo alla guida del bulldozer, che hanno dovuto imparare, credi che non gli venga naturale, credi che facciano sforzi? Devono essere concentrati, ma non fanno sforzi. Se li fanno perdono l'arte. E' un arte appresa ed è naturale. PErchè i loro arti sono fatti per quello, la loro professione si adatta a ciò che sono. Per la felicità è lo stesso: l'arte si adatta a ciò che siamo. Non siamo noi ad adattarci a ciò che è (dovrebbe essere) la felicità, altrimenti sarebbe sì uno sforzo e non esisterebbe.
Mi fermo qui perchè se scendo un altro gradino ti porto nei sotterranei!
Se uno si perde è perchè non conosce la strada. Ed è normale.
Però se hai passato tanto tempo ad imparare la strada, ma tanto tempo dedicato solo a questo, alla "strada", all'arte, se hai la cartina, allora non ti perdi più. Se ti smarrisci sai che devi guardare la cartina. Guarda la cartina, guarda la cartina, guarda la cartina. Non pensare, guarda la cartina. Però prima occorre disegnarla, certo. Ci vuole tempo ma è un tempo di piacere.
Non è detto che uno arrivi dove vorrebbe, certo, ma non si è perso. Ad un certo livello di consapevolezza uno si perde solo se si è deciso a perdersi. Se l'ha scelto lui. Allora sì. Altrimenti ritrova presto la strada. E riconosce i luoghi, i segnali, i vicoli, gli incroci, anche quelli che non ha mai visto prima.
:-)
...ma scusa mi vuoi paragonare il saper guidare all'essere felici? Dunque, tu sei un gran maestro con la penna, giochi con le parole come Nureyev danzava sulle tavole di un teatro, per me è un po' più difficile spiegare, sono brava con l'ago e il filo (sono sarta), sono anche una mamma (il ruolo più difficile di questo mondo), ho molto senso di orientamento e mi piace un sacco, quando vado in una città sconosciuta, trovare le strade senza guardare la cartina, ogni volta è una sfida e, tronfia del risultato, mi piace sentirmi dire dal mio Piero (che di senso d'orientamento 0) "ma come fai?", bene tutto questo per farti/mi capire che non vedo in queste esperienze la riprova della felicità, non so come dire, a parte l'essere madre, che è una delle gioie in assoluto che rasenta la felicità assoluta, trovo che queste applicazioni non abbiano nulla a che vedere con la felicità, si imparano, con l'esperienza. Per me lo stato di felicità è paragonabile ad un'estasi dove tutto quello che ti circonda è in pace con te stesso e con il mondo. Come si può essere totalmente felici solo sentendo cosa succede nel mondo, o anche vicino a te, questa condizione "disturba" la prerogativa dell'essere felici in assoluto e quindi secondo me non può esistere. questa è la mia interpretazione sulla felicità, o perlomeno quella che credo di aver descritto. Scusa ho scritto un libro.
RispondiEliminaAzz... aspetta, provo a rispondere in ordine sparso. Non sono risposte esaustive perchè le parole sono solo il dito che indica la luna, ma non sono la luna. Infatti se leggi le parole sulla felicità (il dito) poi la felicità vera finisce che non la provi (la luna). E' un'esperienza. Si impara. Come il taglio e cucito, si impara. Ti dico anche dov'è il trucco che causa il fallimento della ricerca.
RispondiEliminaQuando parlo di guida, orientamento, cucito, etc, voglio dire che sono cose che si imparano ma poi diventano naturali. Non c'è più distanza tra l'arte appresa e te stessa, siete tutt'uno. Il tuo senso di orientamento ormai ti appartiene, hai imparato a legere la carta, ma ormai la facoltà è tua. Non produci sforzo ma piacere nell'orientarti. Ovvero, parlando di arte della felicità: non produci sforzo ma piacere, non osservi la felicità, sei felice. C'è questa fusione di ciò che abbiamo appreso che diventa ciò che siamo.
Il tuo dubbio deriva dal fatto che in occidente c'è una scissione tra mente che guarda e oggetto guardato. Ma come insegna la storia dell'arte, o come qualunque bravo artigiano potrà dire, la tecnica diventa parte di sè. Quindi non ci si sforza. L'aspetto naturale e quello appreso si fondono.
Non ho detto che la tua abilità deve procurarti felicità, ho detto che così come impari a cucire puoi imparare ad essere felice, e sarà una cosa naturale. Dov'è l'ostacolo allora? Semplice, c'è l'imbroglio. (continua)
(segue)
RispondiEliminaSe un sarto è bravo io lo vedo, non mi frega. Idem se qualcuno sa guidare o meno. Anche la bravura di una madre, nel tempo, si vede dalla serenità dei suoi figli. Ma per quanto riguarda la feliità, come fai a capire chi è felice davvero e chi inganna o si autoinganna? Così, si possono prendere corsi di taglio e cucito (felicità) da gente che in realtà non sa cucire (non è felice). E si insiste in quella direzione che è disastrosa. Il risultato non arriva perchè stai prendendo corsi di cucito (modi di essere, pensare, usi, abitudini, costumi, media) da fonti che non sono felici. E' normale che dopo troppi anni di ripetizione inutili si pensi che la scuola (che insegna la felicità) non serva a nulla. In realtà è la fonte ad essere carente. Perchè in quel caso è possibile imbrogliare.
Non solo, si può anche dire "la felicità non esiste". Ripeterlo mille volte, un milione, continuamente, e diverrà vero, tutti saranno scettici, non ci crederanno.
Poi, è un prodotto che attira molto, così tutti i ciarlatani in cerca di lavoro, sopravvivenza, successo, tutti insomma, inizieranno a dare consigli, e le acqua si intorbideranno ancora di più. Inizieranno a declamre ad alta voce il loro prodotto, con astio spesso, rabbia, furore. Così chi la felicità ce l'ha davvero e non sente il bisogno di gridarla perchè non gli interessa, verrà messo in un angolo, la sua "felicità" sembrerà tanto piccola in confronto a ciò che propone la reclame, le mille reclame. Non mancano "scuole di felicità", è che ce ne sono troppe.
E forse è bene così, perchè è un'esperienza, e la si deve compiere da soli a modo proprio. E ci vuole tempo. Magari anche fortuna, occorre trovare la "scuola" (persone, ambiente, media) giusta, ovvero coloro che hanno davvero un'esperienza di felicità da trasmettere. Molti fingono, si ingannano. E, questo non ti riguarda ma succede, se non hanno trovato felicità dicono che la felicità non esiste. Ma come lo sanno se non l'hanno trovata? E' una merce rara e preziosa, può darsi che non l'abbiamo trovata, ma come si può dire che non esiste. Possiamo forse compiere esperienze al posto di altri, usare il loro sentire?
Io non ho mai visto le piramidi, però mi dicono che esistono. Non ho mai sperimentato l'avere un bimbo nel mio grembo, ma posso dire che è impossibile che un essere di sei chili ti cresca in pancia e giochi a calcio con reni, pancreas e fegato? No, io vedo che succede, alle donne, per nove mesi. E se incontro qualcuno di felice, nel senso che "coltiva" quest'arte e che è sereno quando dovrebbe essere disperato, io mi accosto a lui e scopro che è come la gestante: si può fare. anche per più di nove mesi, perchè queste persone raggiungono un livello di equilibrio a cui tornano in maniera pressocchè costante.
La felicità è un'abitudine.
Però il libro che ho consigliato prima di Daniel Neettle ("happyness), contiene analisi anche dal punto di vista statistico, ti potrà forse fornire basi scientifiche che in qualche modo possano essere meglio accette.
pant, pant... "Come si può essere totalmente felici solo sentendo cosa succede nel mondo?"
Beh... magari tu ti aspetti un mondo che vada in un certo modo e le tue aspettative restano deluse. Non aspettarti che il mondo vada "in un certo modo" e vedrai che ciò che viene dato sarà uno splendido regalo. Però ci vorrebbero altri post e Nureyev va a dormire...
Ultima cosa, dimenticavo, importante: appena accetti le cose così come sono, senza cercare di cambiarle, entri nello stato di cui parli:
RispondiElimina"Per me lo stato di felicità è paragonabile ad un'estasi dove tutto quello che ti circonda è in pace con te stesso e con il mondo".
Non mi credi? Beh, è semplice provarlo, basta che tu "accetti le cose così come sono, senza cercare di cambiarle", sul serio, e vedrai se è vero. Beh, certo, l'ostacolo è che noi non vogliamo neanche provarci a vedere se è vero, non vogliamo affatto "accettare le cose così come sono, senza cercare di cambiarle". E quindi chiudiamo la porta. Detto così è un po' semplicistico, ma ripeto, le palpebre si chiudono... ciao!
Mi son persa nei commenti e mi è piaciuto!
RispondiEliminaLa felicità, se è quella che sento, esiste!
La sento dentro di me... è pura estasi che si protrae per giorni e giorni!!
L'atroieri Claudio mi ha detto una cosa fantastica: Ora capisco quando dici che la felicità è fisica... l'ho sentita anche io!
Me la son fatta descrivere, lui ha detto che è come un guizzo continuo... uno sfarfallio nello stomaco, ma non è un attimo è durata un bel po, un senso di pace, di pieno, di sazio e di estasi! Per un "terreno" come ama definirsi lui... è un gran risultato! Infatti era bellissimo con quegli occhi luccicanti!
Non posso che confermare le tue ultime parole: appena accetti le cose così come sono, senza cercare di cambiarle, entri nello stato di cui parli... Vero.. verissimo!!
Questa sera è una bella sera... GRAZIE!
:-)
# Sara,
RispondiEliminabene... ora convinciamo Tiziana! :-)
Arrivo da un tour de force di 2 giorni e rispondo a quest'ora per poi cominciarne un'altra pure peggio, forse. Dunque, cari ragazzi, qui potremmo andare avanti per giorni. Ovviamente si è capito che sono una persona "felice"? spero di si, ho in dote un una positività innata, che viene recepita da chi mi sta intorno (attraverso uno schermo il filtro è feroce) però, ritornando alla nostra analisi, non posso definire la mia una condizione di felicità assoluta, poiché le variabili che possono influenzare il percorso di quel momento sono determinanti. Posso essere felice durante tutta la giornata? Non credo. Posso essere felice per un attimo? si forse si ma secondo il mio parere non è felicità ma un momento effimero, che lascia un segno buono, e che non può essere definito felicità. Comincio a capire che forse ognuno chiama questo stato con parole diverse, non ho dubbi nel credere che molte persone la trovino in mille occasioni diverse, ma per me, la parola "felicità" è di difficile collocazione. Confermo e ti do ragione quando dici che le mie aspettative verso il mondo che ci circonda, sono deludenti e in qualche modo vorrei cambiarle, poi non so nemmeno come, ma l'atteggiamento è quello. So benissimo che non posso cambiare proprio nulla ma l'atteggiamento che ho verso il mondo è quello, forse pretendo troppo. Sono d'accordo, che se dovessi trovare una pace interiore, accettando il fatto che non posso cambiare proprio nulla, la grazia che ne ricaverei si potrebbe paragonare alla felicità di cui sopra, ma non è di facile raggiungimento. Se vivessi sul cucuzzolo di un monte da sola, escludendomi completamente dal resto del mondo, forse potrei raggiungere uno stato d'estasi tale che si potrebbe definire felicità, o la definizione più corretta sarebbe egoismo-menefreghismo-egocentrismo? In sintesi, nella vita di tutti i giorni, sono troppi gli stop che non ti permettono di essere felice. Come ora vedi, devo cominciare una giornata molto piacevole, perché farò cose che mi gratificano (come questa) ma la felicità è un'altra cosa.
RispondiEliminaCome dicevo più su, è un discorso complesso e il nostro pc non aiuta a dipanare.
Un saluto a te e a Sara sono FELICE di aver passato questo tempo con voi.