Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


venerdì 3 dicembre 2010

CREDENZE - PARTE TERZA



Non occorre rinnegare le credenze fondamentali dell’esistenza umana. Occorre chiedersi quali lo siano e quali no.


Come vive la mente, il corpo, l’anima la moltiplicazione delle credenze al suo interno? E’ unita in sé stessa o divisa? Perché nascono, si moltiplicano, le credenze?


Noi crediamo al fine di garantirci la sicurezza, esistenziale, fisica, economica, spirituale.


Per chi crede fortemente in qualcosa, in campo etico, economico, sociale, spirituale, il processo sottostante è il desiderio psicologico di sicurezza, continuità, sopravvivenza, prosperità, autorealizzazione. Il bisogno, l'impulso costante a credere, la paura di non farlo, il senso di vuoto.

Diverso è il caso di coloro che credono per ragioni di opportunità. Crederanno finché è conveniente farlo. Poi getteranno la credenza come il vestito vecchio e ne saranno liberi. Così il mondo della politica, dell’economia, del potere, del sapere. Ma non è grave. Queste persone sono libere da credenze vincolanti, distaccate. La loro indipendenza emotiva li salva dalla confusione, dubbio. Non credono e basta. E spesso, in molti casi, questo assicura il successo, laddove altri cedono allo sconforto, alla stanchezza, alla drammatica disillusione, la perdita di senso.

Il desiderio moltiplica le credenze, cercando di tappare i buchi aperti nella diga della propria paura di vivere. Ciò genera antagonismo, conflitto, sofferenza. L’uomo combatterà il suo simile a causa delle sue credenze, percepite come minaccia, impedimento, limite per sé stesso.


Se sono consapevole di questo processo il mio problema non è di credere in questo o in quello, ma di essere libero dal desiderio di credere.


Ovvero essere libero dal desiderio di sicurezza, dal senso di bisogno.  È questo il problema, non a cosa credere e quanto credere. Non si può quantificare in cosa e come credere; cosa lasciare fuori dalla propria mente e quanto invece è necessario. Solo superficialmente si riesce a discernere, e non esiste un metodo certo che indichi cosa sì e cosa no. Cosa credere e quanto credere sono soltanto espressioni del bisogno interiore di sicurezza, di punti fermi di fronte alla precarietà del mondo.


Cerchiamo la sicurezza interiore e spirituale erigendo muri di credenze.

Jiddu Krisnamurti


Se non siamo liberi da tutto ciò, se non diveniamo spiritualmente adulti, siamo fonte di conflitto in noi stessi e con gli altri. Non ci sarà pace né serenità. Un’azione efficace non può esplicarsi in queste condizioni: non abbiamo amore nei nostri cuori, solo credenze, il cui proliferare confonde, offusca, vincola.  L’azione è frenata, rallentata, il meccanismo degli atti e dei pensieri inceppato, ripetitivo, non creativo.

Non si può osservare sé stessi con chiarezza, le proprie azioni, i pensieri, quando si è  coinvolti nel processo del desiderio, della paura, che si esprime nell'attaccamento a una credenza. Manca l’obiettività per valutarli. 

Ma è possibile liberarsi dall’oceano di credenze inutili che soffoca la nostra vita? Non trovare nuove credenze in sostituzione di quelle vecchie, cambiare idea, opinione, ma liberarsene interamente? Per farlo occorre accettare la verità, “ciò che è”.


Il pregiudizio vede ciò che gli pare e non vede ciò che è evidente.

Aubrey T. de Vere


In verità, non esiste alcuna sicurezza interiore che, come ci piace credere, sia perenne. Intimamente, amiamo pensare che la credenza ci metta al sicuro. Che la fiducia nel prossimo, nelle istituzioni, nella religione, nello stato, nell’economia, nella legge, nella famiglia, nel processo educativo e quant’altro ci assicuri una ragionevole certezza.

E’ così? Ma conosciamo noi persone che non credono ma godono di tutti i benefici e altre che credono, ma non ne godono? Che differenze di risultati ci sono tra i due gruppi? Sono differenze rilevabili, importanti, decisive oppure marginali, incerte, sfumate? Forse, alla fine, pensiamo che una buona dose di fortuna sia più importante di tutte le credenze che si possano accumulare. Se è così, allora la credenza è un peso, non un aiuto a vivere.


Le forze che modellano la situazione sociale sono spesso fuori dal controllo degli individui.

Sovente è inutile affannarsi.

Alexander Lowen


Pensiamo che una persona senza credenze, senza opinioni sia vuota. Può anche godere dello stesso successo, grado di soddisfazione vitale, piacere di vivere di altri, ma culturalmente la consideriamo vuota. Disinformata, disinteressata, ignava. Forse felice perché stupida. La cultura dominante ci vuole pieni, informati, giustamente motivati e condizionati. E ci sforziamo di aderire al modello.


E’ una scelta.  Giusta, sbagliata. Vantaggiosa? Foriera di accettazione sociale. Ma non sempre. Non si deve neppure essere troppo pieni. L’eccesso di conoscenze, talenti espressi, credenze, rispetto alla media socialmente determinata, porta all’invidia, che riduce la persona troppo piena al ruolo di comparsa, comprimario isolato. Occorre che la persona sia mediamente piena, mediamente credente, mediamente informata. Che conformi la sua vita al modello sociale dominante.

Ecco che scopriamo che la quantità di credenze è anch’essa determinata dal contesto in cui si vive, così come la qualità: ciò che crediamo ci sgorghi dal cuore in realtà è il condizionamento necessario a fare di noi parti funzionanti di un sistema che ha come scopo non la nostra crescita ed evoluzione, ma il controllo, la compressione, la repressione della minaccia rappresentata da una personalità libera ed in evoluzione.

La libertà, l’evoluzione,  disturba sempre un sistema, non è coerente con esso. L’abbondanza di credenze riempie i vuoti e plasma l’anima ad immagine e somiglianza della cultura dominante. O delle diverse culture che si contendono il primato. Non sono ammesse deroghe. Non basta aderire, si deve credere. L’adesione senza credenza significa fallimento. Un sistema non ha bisogno di mercenari che cambiano campo quando arriva la credenza più forte, ma di martiri. Uomini sacrificati alla credenza.


La credenza, il miglior strumento di controllo mai concepito: una volta impiantato, abbeverato, crescerà rigoglioso e dominerà.


I più pericolosi dei nostri pregiudizi regnano in noi contro noi stessi.

Dissiparli è genialità.
 
Hugo von Hofmannsthal


7 commenti:

  1. Fantastico EXO, sono entusiasta di questi tuoi post così belli e profondi. Un sincero abbraccio.

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  2. Davvero bello, spero che continui a scrivere di questi temi, mi piace come approfondisci le cose, di solito trovo solo aria fritta su internet, tutto così superficiale, ciao.

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  3. Davvero bello, exodus, riesci a spiegare bene le cose, i pensieri.......

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  4. Sradicarsi dalle credenze è una fatica immane, ammesso che si riesca a farlo.
    In pratica, riassumendo riassumento, tutti noi viviamo in un Matrix.
    E' sempre bello leggerti.

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  5. # Emanuela:

    il tuo commento mi convince a riprendere un vecchio post che avevo preparato e poi abbandonato. In breve posso dirti questo: sradicarsi dalle credenze non è faticoso, è roba di un attimo, un lampo di "illuminazione". In occidente Pirandello l'ha descritto molto bene, nè "la cariola", ad esempio. Il fatto vero è che la realtà nuda e cruda terrorizza, può essere guardata solo per un attimo altrimenti incenerisce.

    Non è difficile, è solo spaventoso. Molti cercano "la verità", ma quando si avvicinano ad essa si ritraggono spaventati. E' questa la cosa terribile, non che pochi la cerchino.

    Come cita un proverbio texano: "tutti vogliono andare in paradiso, ma nessuno vuole morire".

    Ciao

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  6. Condivido molto quando dici:
    "La credenza, il miglior strumento di controllo mai concepito: una volta impiantato, abbeverato, crescerà rigoglioso e dominerà."
    Ti giro una domanda. Quando hai la consapevolezza di quali credenze installare e quali disintallare... sei in paradiso? O no?
    Live simply take it easy
    Alberto

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  7. # Alberto:

    torna il tema che abbiamo affrontato prima, "la distrazione". Sei in paradiso e per un attimo abbassi la guardia, spirituale, che non è sforzo, ma vigilanza serena, il buttafuori e non il controllore. In quell'attimo, ti distrai, ti rilassi nel benessere di un cervello "pulito". Zac, bussano alla tua porta dieci, mille nuove credenze, grandi o piccole e, come dice il vangelo, "la tua situazione finisce con l'essere peggiore di prima".

    Occorre spazzare e poi vigilare, le credenze hanno la fastidiosa tendenza ad intrufolarsi non invitate.

    Mi ricorda il monaco zen che urlava a sè stesso:
    "Tu!"
    "Si maestro!"
    "Stai sempre in guardia!"
    "Sì maestro"
    "E non lasciare che nessuno ti inganni!"

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