Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


venerdì 17 febbraio 2012

25 minuti - parte seconda



“Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete.”

Genesi 3,2


Voglio quell'albero, lo desidero, ne ho l’ossessione. E' il partner desiderato, la promozione agognata, la nuova professione, la salute riconquistata, la bellezza, una vita al mare, la liberazione dai seccatori, figli rispettosi, una vita diversa. Senza  quell'albero non riesco a vivere.

Non importa che per il resto, in fondo, nulla mi manchi. Sento la mia vita vuota, incompleta, molti invidierebbero la mia situazione, ma non m'importa, perché senza quell’Albero, quel di più, quella nuova conquista io non riesco a vivere, non mi trattengo dal pensare ad essa, mi sento incompleto, finito. Perché non dovrei provare? Cosa mi trattiene, quale impedimento?


Il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».


Perché rimanere nell'ignoranza, perché non progredire, perché non prendere quel nuovo frutto, non sono forse stato creato per evolvere, creare, avere di più, essere di più, conoscere di più…


Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza.


Avevano tutto, e credettero di esser poveri senza quell'ultimo albero. Era loro richiesto di non desiderare oltre, di godere del Giardino, dell'immortalità, della loro straordinaria bellezza e libertà. Si sentirono carenti, incompleti. Si convinsero che per essere davvero felici, pieni, dovevano assaggiare quell'ultimo pezzo di cielo.


Il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?».


In ebraico le parole "dove sei" possono essere pronunciate come un analogo grido di dolore. Dio non può soffrire, per la sua stessa essenza non può essere vulnerabile, eppure le parole "dove sei" sono pronunciate come un grido di dolore, di struggimento,  di fronte alla catastrofe in cui è incorsa la sua creatura.


“Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto.”

Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?”


Fino al momento in cui il mondo dell’Uomo non viene sconvolto, egli vive in pace ed equilibrio, in maniera splendida. Come un bambino sereno, pieno di saggezza e di prosperità. Quando viene insinuata la sua presunta mancanza, la carenza nella sua vita, nel momento in cui viene ingannato, gli viene fatto credere che la sua vita non è già completa, bella, piena di senso, allora tutto crolla, in un attimo.

Cosa c’è fra il prima e il dopo, tra la bellezza e la distruzione? Un pensiero. Il pensiero che qualcosa non va, non basta, che in realtà “la fuori” c’è di più. Qualcosa che non sa, che gli sfugge, un passo avanti verso la conoscenza, una vita migliore, la divinità.


La fuori non c’era niente di più. Era già tutto nel Giardino. E’ già tutto nel Giardino.


Il “di più” è qualcosa a cui in realtà l’Uomo non avrebbe comunque potuto accedere, appunto in quanto uomo e non dio. Non è caduto perché non ha avuto accesso ad una conoscenza superiore, per un obiettivo fallito, per la sua incapacità o sfortuna, ma perché ha smesso di vedere la completezza del suo mondo, ha creduto di poter accedere ad una sapienza, ad una vita diversa, superiore, pur essendo solo creatura.


“Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”


Hai cercato oltre. Assaggiato ciò di cui ti avevo detto di non mangiare perché ne saresti morto. Non ti ho costruito per accedere a quella conoscenza, per quanto tu ti illuda di potervi giungere. Ti ho costruito per godere del Giardino.


“Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”


Era quello lo scopo. Curare il giardino, custodire il giardino. Allontanare ciò che vi era di molesto. Non era un lavoro e non provocava fatica, il lavoro verrà dopo, come maledizione, tutto cresceva in misura perfetta, senza sforzo, tutto era in equilibrio.

Parliamo di Uno che sa benissimo come funziona la macchina umana dato che l'ha creata, non dice alla creatura: "prendine con moderazione" oppure "cerca di essere equilibrato", non gli dice "sei qui per conoscere e puoi dominarti se vuoi", no, dice:


"Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti"


Vivere il Giardino, non andare oltre, oltre c’è il baratro. Non la salvezza, il baratro.

Si pensa che salvezza sia andare oltre. Non è quello. Salvezza, pace, felicità è  fermarsi prima del baratro.


D’improvviso  la vita apparve vuota e priva di senso all’Uomo, ma non prima: perché non prima? Perché prima non appariva così mancante se la situazione di vita era la stessa?

E’ bastato un pensiero a travolgere tutto, un pensiero di mancanza.


E’ stata illuminazione o inganno?


(Continua)

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8 commenti:

  1. Mi ha sempre rattristato la storia di Adamo ed Eva, rattristato perché mi riguarda, perché io sarei nata là se non avessero disobbedito, e invece sono nata qua, in un mondo che richiede tanto impegno, che non sarà magari una guerra, ma una corsa ad ostacoli sì, un impegno continuo e incessante sì.

    A loro, che hanno vissuto entrambe la realtà, vorrei chiedere se sono pentiti, se preferivano la vita perfetta, o hanno amato la lotta quotidiana, la tensione di una vita spesa nella ricerca del paradiso perduto.

    Avrei chiesto la differenza tra una vita per cui lottare, e in cui assaporare le piccole vittorie, e una vita perfetta, di cui usufruire e basta.

    Non credo che la risposta sia scontata...

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  2. Molto bello questo post, per me oggi leggerlo è stata un'illuminazione.
    Sempre felice di leggerti
    Live simply
    Alberto

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  3. # Diemme,

    la risposta non è scontata perché, se accettiamo l'insegnamento che viene dato, abbiamo perso la "natura originaria".

    Ovvero, non abbiamo perso "solo" il Giardino. Abbiamo perso la "capacità" di godere del Giardino.

    Per questo non scegliamo subito il "Giardino".

    Non so se mi spiego.

    Non sappiamo neppure se, posti in una condizione di felicità, saremmo davvero in grado di non rovinare tutto, di apprezzarla, di viverla in pieno, di esserne appagati.Il Giardino. Un bellissimo arcobaleno, ma siamo ciechi, una musica sublime e siamo sordi, circondati dalla dolcezza dell'acqua e non sentiamo niente. L'indecisione viene da questo, dall'incertezza, dalla consapevolezza ormai di non essere in grado di vivere la bellezza di ciò che viene dato. Così cerchiamo altro. E' più facile che ritrovare la propria natura. Però è inutile.

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  4. # Alb:

    resto sintonizzato sulle tue peripezie. :-)

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  5. Ciao a tutti,
    e' un po' che non passavo da queste parti :)
    Io penso che l'evoluzione faccia parte della vita stessa senno' saremmo ancora scimmie
    L'evoluzione dell'uomo passa attraverso la porta della conoscenza.
    La conoscenza di per se' non e' buona o cattiva, ma puo' esserlo l'uso che ne facciamo.
    Quando studiamo solo coi muscoli della mente e ci dimentichiamo quelli del cuore, commettiamo un peccato.

    Dal libro della Genesi :

    "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna. "
    Appena colta la mela , Adamo ed Eva si sono accorti di essere nudi e si sono coperti con una foglia di fico.
    "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. "
    "Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?"."
    Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto".

    Credo che sia questo il significato della mela del peccato, ovvero l'ossessione per la conoscenza come soluzione di tutti i problemi, porta ci allontana dalla nostra vera natura e ci riempie di sovrastrutture inutili.

    Penso che pero' sia possibile conoscere e sapere a patto di coltivare anche lo spirito e il cuore oltre alla mente.

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  6. # Sting:

    scrivo con calma stasera alcune cose che il tuo commento mi ha fatto venire in mente, ciao.

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  7. ma se uno vuole conoscere tutto il perimetro del giardino, ciò che vi è all'interno, i frutti, i rivoli d'acqua, le piante, gli animali...non vuol dire che non ne sappia godere e basta, ma che vuole essere consapevole della bellezza che lo circonda...o questo gli vale la perdita del giardino??? O sì?

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  8. # Turista del nord:

    posso risponderti adesso, ma ho già preparato un post sull'argomento, in risposta al commento di Sting. Non il prossimo che forse pubblico stasera, ma l'altro ancora. Risponde alla domanda: "Perché si è perso il giardino". Quindi... aspetta, ancora se va contro la tua natura!!!!

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