Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


venerdì 22 ottobre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE SETTIMA



Per comprendere appieno la bellezza di uno stato privo di contrasti, creativo, occorre esaminare la sua antitesi, lo sforzo.

J krishnamurti


Sforzo è lotta per l’autorealizzazione, diventare (ottenere). Sono questo e voglio essere quello. Nel diventare “quello” (che non è) è già implicito il contrasto, conflitto psicologico.

In questa lotta la nostra preoccupazione è l’autorealizzazione attraverso il conseguimento di un fine. La cerchiamo in un obiettivo, oggetto, persona, idea. E ciò richiede lotta costante, sforzo mentale, logorio nervoso. Lo sforzo appare inevitabile.

Lo è davvero? E’ inevitabile lottare per diventare (ottenere)? Da cosa trae origine tale lotta?


Dovunque ci sia desiderio di autorealizzazione, a qualunque livello, in qualunque misura, ci sarà lotta.


L’autorealizzazione è il motivo della spinta alla base dello sforzo. Si tratti del manager, della casalinga, impiegato, povero, ricco, in tutti c'è la stessa battaglia per diventare (ottenere), realizzare, andare avanti.

Dove nasce il desiderio di autorealizzarsi?

Il desiderio di autorealizzarsi, diventare qualcuno-qualcosa, sorge quando si è consapevoli di essere nulla. Sono nulla, vuoto, incapace, inadeguato, povero, solo... Lotto per diventare qualcosa. Esternamente e internamente, lotto per diventare, realizzarmi in una persona, cosa, idea. L’intera nostra esistenza è lotta per colmare quel vuoto, lotta per accumulare beni, persone o coltivare ricchezze interiori.

Lo sforzo è tentativo di fuga da quel vuoto. Si esprime tramite un’azione, l’acquisizione di successo, potere, affetti... Oppure tramite la contemplazione, l’attività introspettiva, il sogno, la fuga dalla realtà, da quel vuoto terrificante dentro.

È questa la lotta quotidianità: consapevole della mia inadeguatezza, povertà interna, lotto per sfuggirla, colmarla. Ma la fuga, l'eviramento, il tentativo di nascondere il vuoto, agli altri e a sé stessi, comportano ancora, sempre, lotta, conflitto, sfinimento.


Ma cosa succede se si decide di non sfuggire più quel vuoto?


Che succede se non si compie alcuno sforzo per fuggire? Se si decide di provare a vivere con quella solitudine (vuoto). E nell'accettare quel vuoto si scopre l’emergere di uno stato creativo nuovo e sorprendente, che nulla ha che fare con lo sforzo. Si comprende di essere vivi e non morti. Anzi, più vivi di prima, quando si provava il terrore di quello stato di nulla?

Che succede allora?

Al prossimo post



In considerazione della stupidità della maggioranza dell’umanità, è più probabile che la convinzione diffusa sia sciocca piuttosto che sensata.

Bertrand Russel


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lunedì 11 ottobre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE SESTA




La mente è l’unico strumento indispensabile al conseguimento della vera felicità.

Dalai lama


Gioia e felicità si realizzano tramite lo sforzo?

La creazione nasce dallo sforzo o dal cessare lo sforzo?

Quand’è che scrivi, dipingi, canti, sei allegro? Quand’è che crei? Quando ti sforzi di farlo o quando non ti sforzi affatto e tutto è naturale?

Quando hai i migliori risultati? Forse quando sei ricettivo, aperto, rilassato? Integrato con te stesso e ciò che ti circonda? Allora c’è gioia, spontaneità, vita. Il momento della creazione non nasce dallo sforzo. Allora perché ti sforzi?

Magari pensiamo che uno sforzo oggi ci permetterà un maggiore creatività e felicità domani. Domani penseremo la stessa cosa. Ce ne andremo da questa vita continuando a pensarlo, sforzandoci. Ci illuderemo di passare il benessere alla prossima generazione, mentre invece gli abbiamo solo insegnato lo “sforzo di vivere”, ogni giorno, rovinandola.

Il vero successo si ottiene se oggi pensi allo stesso modo in cui dovresti pensare domani. Non se pensi di agire in un modo oggi e in uno diverso domani, in cui potrai riposarti, rilassarti, godere. Le persone di vero successo non hanno questa spaccatura tra l’oggi e il domani. Quella è prerogativa di chi si illude.


Se ti dicono: “è troppo facile starne fuori”, vuol dire che loro ci sono dentro fino al collo.

Stefano Benni


E la creatività, perché è così importante? Perché creatività, creazione, vuol dire saper inventare da sé la propria vita e la gioia in essa. Senza dipendere da terzi. E’ una facoltà divina concessa all’uomo, per sé, che l’uomo rifiuta per sprofondare nello sforzo. Chi non è creativo, non realizza ogni giorno la sua vita, ma aspetta che qualcos'altro la crei: il successo, denaro, partner, professione, posizione sociale...

Si uccide la scintilla che sola anima un corpo altrimenti esausto. Un tronco che tenta di prendere fuoco stando affogato in un lago. Per quanto si sforzi non c'è niente da fare, il corpo non prova gioia, l’anima sprofonda nello sconforto, la mente rifiuta e sprofonda ancor più nella sua visione dello sforzo come ancora di salvezza.

Sei consapevole quando sei produttivo? Oppure totalmente dimentico di te, In assenza di tumulto, travaglio, confusione. In chiarezza, completezza, semplicità, unicità, ricchezza?

Quando fai qualcosa con semplicità non c'è sforzo né lotta. Non pesantezza, ansia. Ma siamo abituati a vite che sono una sequela di battaglie e conflitti. Non sappiamo immaginarle prive di dubbi, contrasti, idee sovrabbondanti e conflittuali, in continua corsa contro il tempo. Sappiamo sognarle, desiderarle, ma non evocarle, credere in esse e nelle loro possibilità, crearle.

Anche nell’immaginare il tempo ci vediamo sempre intenti ad “impiegarlo”. Vogliamo più tempo per poterlo “impiegare in qualcosa”, altrimenti cosa ne facciamo, niente? Ecco, anche se Dio avesse deciso di darci più tempo, abbiamo già progettato come spenderlo. Immaginate Voi un padre che deve dare dei soldi ai figli, e sa già che hanno deciso come sperperarlo. Non gli passa la voglia? Non passerebbe anche a Voi?

Ma perché dovremmo scegliere di “vivere senza sforzo”, lo vogliamo davvero?


Di fronte alla necessità di modificare le nostre opinioni oppure dimostrare che non c’è bisogno di farlo… Ci diamo da fare per trovare tale dimostrazione

John Kenneth Galbraith


Al prossimo post

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mercoledì 6 ottobre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE QUINTA



Il semplice atto di prestare attenzione da’ grandi vantaggi nel lungo periodo.

Keanu Reeves


Un uomo ricco e triste andò alla ricerca del mitico maestro che conosceva i tre segreti per essere felici. Lo raggiunse in capo al mondo, gli pose la sua domanda, il maestro rispose. L'uomo andò via, deluso, senza capire.


I tre segreti erano:

1)         Presta attenzione;

2)         Presta attenzione;

3)         Presta attenzione;


Prestare attenzione al mondo che ci circonda permette di vedere nella propria vita molta gioia e numerose occasioni.

Non prestare attenzione al mondo, ma solo a sé stessi, vuol dire percepire sempre e solo la propria insoddisfazione, il dolore, la mancanza di occasioni.

Per una vita appagante è indispensabile prestare attenzione, non essere distratti dal caos del mondo. Sviluppare la propria capacità di concentrazione e attenzione su cose nuove. E nuovi modi di percepire quelle già note.

Abbandona la rigidità, usa il coraggio, lasciati andare. Modifica le tue percezioni e inizia a vedere la tua vita in modi nuovi.


Molti vedono le cose così come sono e si domandano “perché”?

Io sogno di cose che non sono mai state e mi domando “perché no”?

G.B. Shaw


Il mondo è in costante mutamento. Per viverlo è necessario abbandonare opinioni, convinzioni, valori scolpiti nella pietra. Non essere rigidi per permettere alla propria vita di integrarsi con ciò che ci circonda, scorrere insieme, senza farsi travolgere.

Alcuni ritengono che modificare le proprie opinioni, convinzioni, valori sia segno di errore o debolezza. Al contrario, è il non farlo errore e debolezza. Cambiare è forza, volontà, evoluzione. Solo gli sciocchi e i defunti non cambiano idea.

Più sei inflessibile più attriti, blocchi, problemi hai nell’adattarti alla mutevolezza del mondo. Chiunque tu sia una cosa è certa: puoi cambiare, se lo vuoi.

Di solito più si ha bisogno di modificare il proprio modo di pensare, maggiore è la resistenza opposta al cambiamento. Per le persone altamente adattabili e creative il cambiamento è invece emozionante. Guardare al di là delle attuali convinzioni e percezioni apre alla visione di dimensioni inedite della propria vita.


Veramente contento è colui che comprende e attribuisce il giusto significato.

J krishnamurti


Ma cosa occorre comprendere?

Al prossimo post.

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mercoledì 29 settembre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE QUARTA



Perché non riusciamo nonostante gli sforzi?

Perché ci hanno detto che saremmo riusciti. E ci siamo sforzati. Abbiamo ottenuto. Era ciò che speravamo? abbiamo ottenuto qualcosa di diverso? Non abbiamo ottenuto? O abbiamo ottenuto ma avremmo ottenuto anche senza tutto questo “sforzo di vivere”. Viviamo in “ciò che è” o in “ciò che non è” (vorremmo che fosse)?

E’ possibile che ci sia un inganno alla base? L’inganno dello sforzo? E qual è questo inganno? Non ci hanno forse spiegato che lo sforzo è concentrazione su quello che è necessario fare? Ma è davvero così?


Lo sforzo è distrazione da ciò che è.

Jiddu Krisnamurti


Lo sforzo non è attenzione. E’ distrazione. Distrazione da “ciò che è”. Distogliere lo sguardo, non voler vedere, accettare, illudersi. Serrare i pugni, negare la realtà. E’ impossibile vivere e lavorare sulla realtà tramite l’Azione se prima non si accetta la realtà, entrando e vivendo completamente in essa. A quel punto lo sforzo scompare; non ha motivo di essere, sei entrato nella vita vera, non devi sforzarti, solo agire. E l’Azione non presuppone lo sforzo di vivere. L’Azione presuppone il gesto di vivere. Senza sforzo. Lo sforzo è psicologico, non fisico, non ha motivo in un sano processo vitale.

Nel momento in cui prendo coscienza della mia distrazione e accetto ciò che è, la lotta cessa. Il conflitto svanisce. La distrazione, origine dello sforzo per ritrovare la strada, si incarna nello spirito, e sussiste fintanto che, psicologicamente, coltivo il desiderio di trasformare ciò che è in ciò che non è.

Come sanare la ferita della distrazione, e quindi il conflitto tra “ciò che è” e “ciò che non è”? Semplice, basta prestare attenzione. Troppo semplice?  L'abbiamo mai sperimentato, davvero?


Se ho fatto qualche scoperta di valore, ciò è dovuto più ad un'attenzione paziente che a qualsiasi altro talento.

Isaac Newton


Segue nel prossimo post.

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giovedì 23 settembre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE TERZA





















Lo sforzo può portare felicità?

Ma cos'è lo sforzo?


Lo sforzo è lotta per cambiare ciò che è in ciò che non è.

Jiddu Krishnamurti


Ciò che vorremmo che fosse, diventasse. Ci sforziamo per non affrontare ciò che è,  trasformarlo, allontanarcene.

Funziona? Si potrà mai trasformare "ciò che è" in "ciò che non è"?

E ciò che non è esiste? Esisterà mai? Sarà come ce lo aspettiamo o un suo simulacro?

Con “sforzo” ci riferiamo ad una lotta di natura psicologica, non ad uno sforzo tecnico, pratico, che può alla fine essere compiuto in maniera fluida e con mente serena, non fosse per la tensione mentale che accompagna impropriamente l'azione stessa.

Ci riferiamo alla mente, a ciò che vede, e non accetta.

Quella lotta psicologica che finisce sempre per prevalere sulla questione tecnica. Il problema tecnico viene risolto, grazie alla scienza, all’ingegno, le risorse. Ma lotta e conflitto psicologico vanificano tutto. La nostra vita, la struttura stessa della realtà umana, della Società, viene indebolita, crepata, disgregata fino a rendere il problema pratico irrilevante, sommerso da dubbi, paure, angosce, egoismi. La mente si affatica, snervata, irrequieta. La Società, seppur ricca di risorse, diventa avida, ingiusta, invivibile.


Dio fece la vita semplice e l'uomo la rende complicata.

Charles Lindberg


Ma fermiamoci su “ciò che non è”. Stiamo dando credito a “ciò che non è”? Nei nostri gesti, pensieri, azioni, sforzi, rendiamoci conto che stiamo sacrificando “ciò che è “, vero, reale, tangibile, misurabile, in favore di “ciò che non è”, illusione, progetto, non misurabile, non sperimentabile, non vero. Forse un giorno potrebbe diventarlo, ma oggi non è.

Abbiamo forse timore che senza sforzo costante noi perderemo “ciò che non è”?

E come si fa a perdere “ciò che non è?”

Come si fa a sacrificarsi per “ciò che non è”? Perché invece non vivere e sacrificarsi  per “ciò che è”? Eppure siamo continuamente spinti in un futuro che è solo proiezione del nostro passato, le sue frustrazioni, la voglia di realizzarsi, negata, i sogni che lottano strenuamente per non far affiorare la realtà, che non è sogno, non è illusione, non è progetto, è “ciò che è”.

Ogni giorno compiamo una scelta, viviamo nel futuro, cerchiamo di afferrare “ciò che non è”, perdendo per sempre “ciò che è”. Abbiamo perso “ciò che è” e “ciò che non è” non sarà mai. Perché ciò che sarebbe potuto essere non dipende dallo “sforzo”. Dipende da altro, tra cui l'Azione. E l’azione è efficace solo se stai vivendo “ciò che è”, non se stai vivendo “ciò che non è”. 

Ma qual è “l’inganno dello sforzo”? Perché le cose non riescono nonostante la nostra  espressione di volontà?

Al prossimo post


Ho sognato che andavo in Paradiso e facevo le stesse cose che faccio adesso.

Tu invece andavi all’inferno... e anche tu facevi le stesse cose che fai adesso.

Un saggio anonimo

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lunedì 13 settembre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE SECONDA





La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti.

John Lennon


Pensiamo che la felicità possa esistere anche per noi? Pensiamo di poterla raggiungere coi nostri sforzi? E come altrimenti? Arriverà da sola?

Felicità, gioia, appagamento del vivere si ottengono col desiderio di tali cose, e la relativa lotta? Lo desidero, combatto, ottengo? Magari non ottengo tutto ma buona parte sì? Oppure in misura inferiore, ma è sempre meglio di niente, meglio che lasciarsi andare e non ottenere nulla? Pensiamo questo?

Ma il desiderio di una vita felice cos'è, come si manifesta?

Forse col desiderio di una data persona, oggetto, esperienza? Ma ottenutala sono felice? Quanto sono felice, per quanto tempo? Per un po', per molto, niente? Avrò bisogno di altre esperienze per continuare ad essere felice? Aggiungerò altri desideri a desideri, lotte a lotte, sforzi a sforzi? So che non sarò felice ma farò questo passo perché devo fare un passo per volta? E' la risposta?

Forse è meglio non pensarci e agire per vedere se poi sono davvero felice? Io agisco, poi se va va, altrimenti mi rimetterò ad agire, e se ancora non va lo rifarò ancora, e ancora, e ancora... Lotterò. Non so se andrà bene, ma lotterò.


La gente cerca la felicità come un ubriaco cerca casa sua: non riesce a trovarla ma sa che esiste.

Voltaire


Soddisfa il desiderio e ne verranno altri. Soddisfalo e in breve proverai l'amaro gusto della routine, del vuoto, del gesto ormai privo di senso. Aggiungi altri desideri, ed altri ancora, insieme a sforzi incessanti per non perdere ciò che hai gustato.

Una scala che non porta da nessuna parte. Ma, dato che non porta da nessuna parte, qual'è la differenza tra chi sceglie di salirla e chi no? Uno dei due arriverà da qualche parte? Sarà felice al di là dell'apparenza di essere felice? Forse è felice chi più finge di essere felice?

Ma se è così non vale forse la pena, invece di soddisfarli, di controllare i desideri, sopprimerli addirittura? Ma non è lotta, sforzo costante anche questo? Conflitto, rimpianto, vuoto di “non essere”, non riuscire?

La nostra vita consiste in una serie di concessioni o rinunce ai desideri? E’ tutto qui? In entrambi i casi ciò può apportare felicità? Oggi, domani, un giorno, ciò apporterà felicità? Oppure siamo così disillusi da essere disposti a vivere senza felicità, sapendo che dobbiamo solo sforzarci, illuderci, di essere felici? E poi non pensarci o l'illusione crollerà. E noi non vogliamo che crolli, vogliamo che resti lì.


Strappa all'uomo comune le illusioni e con lo stesso colpo gli strappi anche la felicità.

Henrik Ibsen


Lottiamo con le nostre passioni, per soddisfarle o reprimerle. Sfuggiamo il senso di vuoto, di inutilità, di spreco delle nostre giornate, la mancanza di significato, la routine alienante. Ci affanniamo nella speranza di trovare felicità, un senso di pace, amore.

Ma possono queste cose nascere dal conflitto, dallo sforzo che mettiamo in essere? Che sia lotta per realizzare il desiderio o per rinunciarvi, cambia qualcosa? Non è sempre lotta con noi stessi e il mondo che ci circonda?

E perché mai lo sforzo dovrebbe portarti felicità?


Al prossimo post


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mercoledì 8 settembre 2010

VIVERE SENZA SFORZO - PARTE PRIMA


La vita è sforzo. Volontà applicata all’esistenza. E' così?

La nostra vita sociale, economica, (cosiddetta) spirituale, consiste in una serie di azioni per produrre risultati. Senza risultati ha senso la nostra azione? Fosse anche il concederci riposo, ma l'azione deve avere un risultato. E' così?

E riteniamo che in ciò il nostro impegno, il nostro sforzo sia indispensabile, essenziale. Quante azioni concepiamo senza che la volontà sia indirizzata al raggiungere un fine? Senza “sforzo”? Molte, poche, nessuna? Forse ormai tutta la nostra vita è uno sforzo?

Ci spinge il desiderio di conseguire un risultato, di essere, diventare, ottenere?

Se non ci impegniamo in qualcosa temiamo di ristagnare?

Abbiamo un’idea del fine che ci sforziamo di raggiungere e lo sforzo applicato diventa una costante della nostra vita.

Vogliamo trasformare, correggerci, migliorare, diventare, ottenere, compiamo sforzi, siamo abituati agli sforzi, viviamo di sforzi, ci sentiremmo perduti se non compissimo sforzi, anche vani e velleitari, ma dobbiamo provare e riprovare, e se non riusciamo tentare ancora e ancora.

Tale strategia è intelligente, efficace? Oppure è un frutto del proprio ego, ma nulla più?

Lo sforzo è necessario? Parlo dello sforzo psicologico, la tensione costante, quotidiana, non dell’energia impressa, ad esempio, per alzare un peso o controllare il volante di un auto. Parlo della tensione mentale, l’attenzione incessante, la “motivazione”.

Attraverso lo sforzo si realizza la felicità, la pace? Allora chi compie più sforzi dovrebbe essere più felice? Più sforzi, più felicità e più pace. Oppure è il contrario? Più sforzi più infelicità? Oppure esiste una via di mezzo, di volta in volta decidiamo noi dove termina lo sforzo? Ma decidiamo davvero?

Abbiamo appena detto che la vita è sforzo, attenzione verso un risultato. Se tutta la vita è finalizzata ad un qualche obiettivo dell'azione ciò vuol dire che in realtà non sappiamo fermare lo sforzo. Sappiamo solo variare l'obiettivo dello sforzo, ma in realtà sarà sempre presente. Quindi non sappiamo fermarci. Non siamo in equilibrio in quanto l'obiettivo, qualunque esso sia, sarà sempre lì, in quell'attimo infinitesimale, al centro della nostra mente. 

Allora siamo sempre sotto sforzo. Così si realizza più felicità e pace? Vogliamo provare a fare ancora più sforzi per vedere se diventiamo più felici? Forse non ci crediamo eppure continuiamo a sforzarci. Perché?


Si fa l'abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che già era ai limiti della sopportazione.

J. M. Coetzee


Generando più sforzi non genereremo forse maggiori conflitti, confusione, infelicità?

Sforzandosi la felicità arriverà mai?

Ma senza sforzo potremo mai essere felici?


Al prossimo post

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