Devi sempre evitare di lamentarti, anche nella vita quotidiana.
Hagakure, libro I, passo 140
Sforzi, volontà, impegno, studio, dialogo, scambio di idee, opinioni, cultura, informazioni, per trovare una via d’uscita a questa vita alienante. Prima cresco, poi decresco, investo, accumulo, de-cumulo, compro anzi no le cose le costruisco da solo, voglio vivere con meno e non rinunciare a niente, e se non è coerente fa niente, tanto in questo ambiente in cui non si ragiona su niente, piena di gente saccente ed impertinente, qualunque ‘azzata ti venga in mente, verrà creduta scientemente, da qualcuno che vuole strapparsi il dente, di una vita insoddisfacente.
Immancabilmente, il guru dormiente, sparerà la ‘oglionata demente, e tanta gente, penserà di vedere finalmente, della vita la sorgente. E guai a dirgli “indossa una lente, per vedere chiaramente”, perché la gente, ci crede fortemente, e continua alacremente, ad affondare disperatamente, in un mare indifferente.
Oggetti, pensieri, preoccupazioni, impegni, insoddisfazione, senso di vuoto crescono, si moltiplicano, divorano tempo, spazio, vita, la marea di cui sono consapevole e non so arrestare. Provo, riprovo, m’impegno, stanco, non vengo a capo, non voglio ammetterlo, deve pur esserci una via d’uscita, deve esserci. Non cederò. La marea avanza e io ci sto dentro, qualunque cosa faccia, ci sto dentro, eppure so di persone che ne sono uscite, devono esserci, l’hanno detto loro che ne sono uscite, l’hanno pure scritto! Perché io non riesco? Perché non trovo tempo, energia, concentrazione, per realizzare davvero i miei sogni?
E’ tutto lì, evidente. La marea non si nasconde, non fugge, si dirige verso di me, la vedo arrivare calma, ed io impotente non posso contrastarla, mi illudo soltanto di poterlo fare. Mi illudo che un giorno sarò libero dalla marea, un giorno, seguendo il piano, il caso, la speranza, il lavoro quotidiano, andrà tutto bene. Per oggi intanto la marea mi ha raggiunto, per oggi posso solo sperare nel riposo necessario, per affrontare domani di nuovo la marea. Domani proverò di nuovo a svuotare il mare. Posso farlo. L’ha detto il guru. Quello che scrive sul giornale, compare in tv, ha la pagina sul web, domina le opinioni, si ribella a quello che domina le opinioni. L’ha detto lui. Se pianifico tutto io svuoterò il mio mare e sarò libero.
Questo modello è follia.
Il guru disse che occorre avere di più per godere di più. Poi che occorre avere di meno per godere di più. Disse che era difficile e occorreva impegnarsi, poi che era facile ma occorreva impegnarsi, oggi che è facile ma bisogna non complicare, basta gettare tutto e tutto ritorna con gli interessi, che in fondo è tutto facile ma gli altri non vedono, ma il guru porterà la fiaccola di Prometeo e salverà gli uomini grazie al fuoco della sua conoscenza, lui dirà, perché lui sa, perché lui è riuscito, lui ha capito, è stato mandato, ha molto viaggiato, ha conosciuto e contattato, lavorato e meditato, si è liberato, al nuovo stadio innalzato, la minchia mia ha scassato!
In fondo è facile, dice il guru, basta avere di più e godere di più ma questo avendo di meno per godere di più. Cose in contraddizione e senza capo né coda, che uno è costretto a stargli dietro per cercare di capire ove non c’è niente da capire dato che sono una serie di ‘azzate messe in fila. E io mi metto in fila affinché il guru mi illumini, spieghi il suo pensiero e la risposta, quella che mi permetterà di evolvere dalla forma di crisalide e finalmente essere libero, finalmente, seguendolo e aderendo a quel pensiero assurdo, io saprò.
Tranquillità è saper mandare tutti i guru a fare in c…
Non è facile rinunciare al serbatoio di illusioni, a basso costo, per rimanere soli di fronte alla vita, ad alto costo. Il guru ti entra in testa. Il guru propone. Propone idee, cosa c’è di più innocente? Idee semplici, così semplici che sembra assurdo non averci pensato da soli. Come mai? Ancora più semplice: non funzionano. Solleticano l’orecchio, la fantasia, i sensi, la speranza, hanno tutte le qualità tranne una: la messa in pratica. Nella messa in pratica crollano miseramente. Il guru adora i tempi lunghi, le lunghe preparazioni, i lunghi progetti. Più i tempi sono lunghi, più sarà difficile valutare se un’idea funziona oppure no, se un progetto si può realizzare, se si sarebbe realizzato anche senza il guru.
Con il guru puoi fare soltanto le cose che avresti fatto anche senza il guru. Nient’altro.
Il guru lo sa, e ti dice che non è lì per insegnarti nulla, ma per proporti un’esperienza. Se va bene è merito suo che ti ha proposto l’esperienza, se va male o non se ne fa nulla lui non c’entra niente perché sin dall’inizio ti ha detto che non era lì per insegnarti qualcosa. Il guru gioca sul sicuro. Comunque vada non può perdere. E’ come il libro di investimenti che sulla prima pagina riporta il declino di responsabilità. Azz. Che coraggio, che certezza! Ma alla fine il guru moderno, il guru sociale, quello che ha capito mentre gli altri sono ignoranti, pone sempre lo stesso discorso perché in un epoca fondamentalmente atea e materialista non saprebbe che altro dire: di più e di meno. La sua penetrante visione della vita è tutta qua. Quantità. Accumulazione e de-cumulazione. Sono la stessa cosa, non intaccano la marea, ma suonano bene. Fare, avere, progettare, comprare, gettare, riutilizzare, di più o di meno, sono la stessa cosa perché sono quantità diverse della stessa sostanza. Lo stesso schema vitale, che riteniamo fallimentare, solo invertito a secondo dei periodi. Se siamo stufi di accumulare gettiamo e se siamo troppo vuoti acquisiamo. La stessa strada percorsa da nord verso sud o da sud verso nord come se cambiasse qualcosa. Al guru basta indicare destra (gettare) se si è andati troppo a sinistra (accumulare) e viceversa. E il discepolo, tutto contento, cresce, decresce, lavora di più o si rilassa di più, viaggia di più o a chilometro zero, vive con più tecnologia o con più natura, inquina di più o di meno, a secondo dei periodi, convinto che questo significhi “libertà” mentre il termine giusto è “schizofrenia”.
Din-don, din.don, din-don, un po’ di anni capitalista un po’ di anni comunista, un po’ accumulo un po’ de-cumulo, un po’ lavoro un po’ sto’ in vacanza, un po’ compro un po’ costruisco con le mie mani, più amici meno amici, più impegni più tempo libero, consumo di più consumo di meno. Per ottenere il controllo sociale basta portare la gente ad un punto di rottura e poi invertire la rotta quando è stanca o sul punto di esplodere. Dopo diversi anni fai la stessa cosa in senso inverso. Saranno passati anni, non se ne accorgerà nessuno che non c’è niente di nuovo. La solita, vecchia zuppa, ha sempre un buon sapore, il sapore del conosciuto, che si è solo dimenticato. In realtà è sempre la stessa strada di prima, percorsa in senso inverso, su e giù, su e giù, in galera eri e in galera adesso stai un po’ di più.
“Ma no, le cose cambieranno appena avrò aumentato diminuito, spostato, cambiato, più mare e montagna, meno mare e montagna, più lavoro e reddito, meno lavoro e reddito, più tempo e amici, meno tempo e amici, vedrai come le cose cambieranno!”. Di più e di meno, di più e di meno, una bella passeggiata nella cella fa sempre bene.
Se è illusione perché persiste?
Perché per andare su e giù da quella strada si impiega una vita intera. Chi ha la fortuna di andare su e giù in un attimo si accorge del vuoto che trova, che non riesce a colmare. Chi deve aspettare anni prima di percorrere la strada no. Vive lunghi anni di illusioni e brevi sprazzi di realtà; che non riconosce neppure come tali, tanto sono abbelliti da sogni, speranze, attese, o rovinati da delusioni, paure, angosce. Si vuole raggiungere un punto della strada e forse da quel punto, alcuni anni prima si è usciti. Si pensa che stavolta sarà diverso, che la strada è cambiata, io sono cambiato, i tempi sono cambiati. La strada è lì, che si prende gioco di me. Sempre la stessa strada, ti convince che non è vero.
La marea non dipende dalla quantità.
La vita è marea. Onde di trenta metri che non mi accorgo di affrontare perché galleggio come un tappo di sughero e la mia mente è serena. Se per un attimo smetto di galleggiare, di camminare sopra le acque, annaspo, soffoco, affondo, entro nell’ansia e nel terrore. Nel mentre mi convinco che va tutto bene e che fa tutto parte del mio piano. Come disse il tipo che cadde dal grattacielo: “trentaseiesimo piano e ancora tutto va bene…” Devo solo galleggiare. Se so nuotare il mare non mi fa paura. Non è una questione di quantità, di tonnellate di acqua. Se so nuotare, di più o di meno, poco cambia.
Devo galleggiare, non svuotare il mare! Devo camminare sull’acqua!
Anni fa realizzavo tante cose, adesso non riesco. Sono vecchio, stanco, è più difficile? Eppure la vita era difficile anche allora. Però anni fa galleggiavo, sapevo nuotare. Non è aumentato (solo) il carico di lavoro, è che non sto nuotando, galleggiando. Annaspo. E mentre annaspo mi aggrappo a cose, oggetti, persone. Li tengo stretti sperando mi aiutino a non affogare. Li porto giù con me. Le persone si allontanano. Vogliono nuotare con me, ma quando vado giù, percepiscono il pericolo, sono disposte ad aiutarmi, non a morire. Ed è lì che si va: non mi stanno tenendo a distanza, hanno solo paura di morire. Andare a fondo con me che mi tengo aggrappato a loro.
Non si tratta di essere più leggeri o pesanti, di più o di meno, crescita o decrescita, tecnologia o natura, ma di galleggiare sulle onde della vita. Camminare sulle acque.
Che pesi cento chili o quaranta, non ha importanza. Ambizioso manager o convinto vagabondo cambia pochissimo. Peso o leggerezza non dipendono dal numero di cose che ho o non ho. Ma dalla capacità di galleggiare, nuotare, camminare sull’acqua. E permettere agli altri di nuotare al mio fianco, senza affondarli. Senza annoiarli. Per imparare a farlo una vita non basta.
Consumare di più o di meno, avere più tempo o meno, più relazioni o meno, più valori etici o meno: l’acqua, il mare è sempre quello. C’è n’è in abbondanza. Se ne tolgo un po’ non cambia niente, se ne aggiungo idem. E di svuotare quel mare non se ne parla. Il mare è la vita, svuotarlo non posso. Se cambio mare è lo stesso, se vado al fiume è lo stesso, al lago è lo stesso: affogherò comunque se non so galleggiare. Ma l’illusione che sia possibile svuotare il mare è dura a morire: che sia utile togliere o mettere un po’ d’acqua.
C’è chi è convinto che avendo meno cose starà meglio; avendone di più starà meglio; pensando di meno starà meglio, pensando di più starà meglio.
Perdono tempo tutti.
Continua…