prima di proseguire
leggete qui:
http://viaggioleggero.com/2012/12/10/perdere-il-lavoro-2-riprenditi-il-tuo-tempo/#more-757
l'interessantissimo post
di Alberto e anche il suo precedente, vi farete un'idea del tema che
sta trattando in maniera sentita e sincera.
Ho aggiunto un commento
che è uscito lunghissimo, lo posto qui.
"Ciao,
ritengo il tuo
ragionamento davvero giusto, ma muovo una critica diciamo di metodo,
di estensione. Tu racconti delle fasi che sono "critiche"
all'interno di un'esistenza, la fase di ricerca di lavoro e di
aberrazione da lavoro. E sono d'accordissimo che in quelle fasi c'è
assoluto bisogno di un'azione per rompere delle situazioni che
possono portare alla povertà da un lato, ma anche all'alienazione,
alla devastazione psicologica, familiare dall'altra, in entrambi i
casi ad una sofferenza, sorda o manifesta che sia, un vero inferno
esistenziale.
Tali situazioni portano
anche all'annientamento del senso di una vita, ma questo mi preme
poco in quanto, a mio avviso, davvero una minoranza di persone ha
chiaro il senso della propria vita e anche se l'avesse molto chiaro
non mi interesserebbe in quanto starebbe comunque parlando di un
"battito di ciglia temporale", un nulla, se non si ha
chiaro il senso dell'eternità di un'anima il senso di una vita è
cosa talmente infima che non perdo neppure tempo ad approfondirla, e
a ragione, toh, avevo dieci anni, poi venti, trenta, quaranta,
quarantadue e sono stati un battito del mio cuore, i prossimi
quaranta se ci arrivo idem, quando trovi il senso della vita di
quaggiù la vita è già finita, o hai una prospettiva eterna o non
vale la pena perderci tempo.
Torniamo quindi alle fasi
critiche di ricerca di lavoro/povertà e lavoro/aberrazione. Un
inferno. Davvero. E quando sei all'inferno fai di tutto per uscirne,
su questo non c'è dubbio. Magari scappando, magari imbottendoti di
pillole, magari passando non quattro ma dieci ore davanti alla TV o
andando a prostitute, spesso scappare dall'inferno vuol dire
addentrarsi ancor di più nella sua oscurità ma il bisogno di fuga
viene comunque realizzato.
Io stesso ho vissuto
un'esperienza simile alle tue, un tempo tanti anni fa ero
classificato come manager, un piccolo manager ma con buone
responsabilità. Non dovevo passare quattro ore davanti alla TV ogni
giorno, ma quattro ore a girare per i locali per fare conoscenze e
ampliare il mio giro di affari. Mi sono dimesso. Poi un altro
inferno, sempre manager, quadro, sempre girare schiavizzando della
gente, sfruttandoli all'osso, gente che magari meritava di essere
sfruttata, ma non ero in pace con me stesso. Mi sono dimesso. Adesso
guadagno molto meno, sono precario, praticamente non esisto negli
organigrammi aziendali, ma sono in pace e mi diverto. mi diverto da
precario. Soffrivo da manager.
Cosa voglio dire. Sono
due fasi critiche. Hai una freccia, la strapperai. Forse la freccia
andrà più a fondo, oppure sceglierai la strada della fuga che ho
scelto io e la freccia verrà tirata via, ma in ogni caso ci sarà
una reazione. Furiosa reazione, magari depressiva, magari espansiva,
magari alienante oppure una fuga un dire "rinuncio", ma il
corpo reagisce per sua natura, in un modo o nell'altro. OK, poniamo
che uno abbia preso le decisioni "giuste" e abbia trovato
lavoro, creato lavoro, viva di rendita, oppure abbia lasciato una
situazione che lo stava degradando, logorando, ovvero usciamo da
questa "fase critica". Non che sia facile o scontato
uscirne, ma ipotizziamo che uno ci riesca, facciamo che una persona
grazie a consigli, sacrifici, fortuna, bravura, sia uscito dal
bisogno e dall'alienazione.
Ecco... sto parlando
della maggioranza degli italiani. Sto parlando di Te (poniamo) tre
anni fa o domani, periodo in cui non avevi/avrai problemi economici
di sussistenza ma al tempo stesso avevi le potenzialità per
ricalibrare la tua vita (anche se mancava la consapevole
dell'esperienza, la coscienza della schiavitù). Ecco, sto
descrivendo la situazione della maggioranza degli italiani, ma al
tempo stesso l'ieri o il domani di persone che ADESSO vivono una fase
critica.
Ora, queste persone,
guardiamole, sono felici? Ringraziano Dio per ciò che hanno? O si
lamentano. Del governo, la crisi, la corruzione, la criminalità, il
tempo, il traffico, lo smog, la sanità, la famiglia, i figli, le
bollette, il mutuo, i colleghi, i dirigenti.... Sono fuori dalle fasi
critiche che hai descritto, ma sono all'inferno lo stesso. Te lo
assicuro, sono all'inferno. Ma non ha importanza perché ciò che
conta per l'uomo non è essere all'inferno ma essere all'inferno IN
COMPAGNIA. L'uomo non vuole il cielo, vuole la compagnia. Ove c'è
tanta gente egli sente di essere nel giusto. E se l'inferno fosse
pieno e il paradiso vuoto, vorrebbe essere all'inferno. E se una
moltitudine di dannati opprime, schiavizza, degrada una minoranza di
beati, l'uomo vuole essere tra i dannati, in compagnia, non solo.
Paradossalmente la fase
della disoccupazione può essergli d'aiuto. Vedrà la realtà per ciò
che è, si troverà solo, non aiutato, desolato, e forse, forse,
rientrando nel mondo "normale" potrà conservare il ricordo
di questa verità e rifiutare di farsi assorbire dal circolo dei
dannati. E' uguale, sempre di dannati si tratta, ma chi non ha
problemi economici non li soffre. Non solo, non vede chi sta più in
basso, ma cerca lui di arrivare più in alto.
Non so se mi spiego: la
mia critica è rivolta al fatto che racconti di fasi critiche e come
affrontare le fasi critiche, come uscire dalle fasi critiche,
giustissimo, ma anche uscendone il problema è, per me, tutt'altro.
Il problema vero è:
Come può uscire dalla
dannazione di questa vita infernale, di questo meccanismo infernale,
chi davvero vuole farlo.
E in questo non ha
importanza essere in cerca di lavoro, schiavizzati dal lavoro, oppure
lavorare e rendersi volontariamente schiavo di qualcos'altro. Per
fare un esempio, conosco una famiglia di alienati in cui una delle
schiavitù più evidenti è l'ottima educazione dei figli. Fiumi di
soldi spesi per allevare quelli che per me sono perfetti imbecilli in
grado di farsi rimandare a ripetizione mentre la mia famiglia sempre
al verde non mi ha mai visto saltare neppure una materia. Figli
strozzati dalle aspettative. Rimbambiti dagli stimoli. E' solo un
esempio, per dire quante facce può avere l'inferno, anche le più
inaspettate. Eppure questa famiglia non ha problemi economici, anzi i
soldi grazie ad un lavoro volontario e massacrante gli escono dalle
orecchie, insieme a malattie gravi ed assortite. Ma potrebbero dire
"no". Ma non lo fanno. Il problema quindi, ripeto, non è
quello di uscire dalle situazione di crisi, lì c'è poco da
ragionare, il corpo lotta come un demonio per non morire, in un modo
o nell'altro, andando verso l'inferno o la salvezza.
Per me la questione è:
in qualunque situazione una persona si trovi, come può uscire dal
suo inferno?
Non so se mi spiego...
tolto l'aspetto di urgenza che caratterizza le "fasi critiche"
all'inferno si era e all'inferno si rimane, magari con meno stress
apparente. Conosco persone occupate a cui gli occhi sono
letteralmente esplosi per il superlavoro, il getto di sangue ha
crivellato la retina come in un film horror splatter. Non si muore,
si rischia la cecità. Ma queste persone, la maggior parte delle
persone, non vuole uscire dall'inferno. Vuole solo che la temperatura
sia meno insopportabile. Solo che, alla fine, tra uno all'inferno con
temperatura estrema e uno all'inferno con temperatura moderata, c'è
una cosa in comune: non c'è felicità. E la felicità non è una
domanda a cui si risponde "sì sono felice", questo lo
fanno tutti i dannati. Tra le tante caratteristiche della felicità,
ce n'è una che mi piace infinitamente, ne basta una, tanto i dannati
non ce l'hanno né potranno mai averla ed è questa: coloro che sono
davvero felici dicono "è tutto perfetto così". Non perché
ci si accontenta, no, quello lo pensano i dannati, è che la felicità
è totalizzante e non richiede altro. E' già tutto lì.
E' solo un esempio, per
dire che alla fine, la differenza tra le fasi critiche e le fasi
normali dell'esistenza rischiano di essere solo un'illusione. Se uno
dovesse "vivere" non dovrebbe fare distinzione tra fasi
"critiche" e "normali", dovrebbe per prima cosa
vedere se la vita così com'è gli piace. Se non è così, beh sappia
che si trova in un piccolo inferno, o grande, ma come uscirne fuori
si trova molto più dentro di sé che fuori di sé.
Magari anche tu intendevi
le stesse cose, magari no, ho solo voluto ampliare il discorso perché
anche fuori dalla fase di ricerca di lavoro e in allontanamento dalla
follia del mondo, mi rendo conto che la strada è tutta da scoprire e
da percorrere e che in ogni momento, improvvisamente, si può tornare
nella condizione iniziale di povertà o follia e allora ti rendi
conto che quella condizione che credevi “normale”, magari priva
di stress, con tanto tempo libero impegnato in svaghi ragionevoli,
senza preoccupazioni, era solo una scatola più grande dello stesso
gioco di scatole cinesi, ma non eri affatto libero né felice.
Ciao!
”
-
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