Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


sabato 31 marzo 2012

RIPOSO

Ho paura del vuoto perché subito entra il dolore.

Se accetto il dolore non avrò più paura del vuoto.

E potrò finalmente riposare.

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mercoledì 28 marzo 2012

25 MINUTI - PARTE TERZA




Albero della Conoscenza non è "non fare, "non cercare".

Albero della conoscenza è perdere il contatto col giardino, cercando oltre, facendomi ingannare.


Il mio albero della conoscenza (quello che mi illudo sia l'albero della conoscenza).

Il mio albero della vita (quello che mi illudo sia l'albero della vita).

Quello che mi porta a disprezzare il Giardino, la sua bellezza, nel nome di qualcosa che è inganno.



Albero della conoscenza è non sapermi fermare.


E' l'ossessione di ciò che manca, credere che manchi, soffrire la mancanza e non sapere cosa fare per ottenere, come fare, è vivere nel senso di "scarsità" dentro, finché la mano si protende verso l'albero. Eppure lo so che lì c'è la morte, dopo l'assaggio, per sempre, per un giorno, non ha importanza, lì il mio spirito muore.


Certamente moriresti. Non gli dice che riuscirà a controllarsi, no. Non deve farsi ingannare. Non deve provarci. Il vero equilibrio è quello di mangiare di tutto ciò che è presente nel Giardino, ma non quello. E quello cos'è?


E' proprio ciò che diventa la mia ossessione, tanto da farmi disprezzare tutto il resto.


LUomo non riesce a controllarsi davanti all'Albero perché è certo di poterlo gestire.


Non c'è scampo per chi vuole gustare dell’Albero, semplicemente perché non è stato costruito per poterne assaggiare i frutti.


E' stato costruito per avere la saggezza di stargli lontano.


Per avere la libertà di rinunciarvi e dedicarsi a ciò per cui è stato chiamato: coltivare e custodire il giardino. Il proprio giardino. La propria mente. La propria anima.

Certamente moriresti. Non "forse moriresti”. E' questo che d'improvviso fa apparire squallide vite invidiate e altrimenti meravigliose, la ricerca dell'Albero che dovrà dare vita, piacere, amore, saggezza, che, in realtà, l'uomo non è in grado di accettare senza distruggersi.

Vuole i frutti dell'Albero, oggetto di insopprimibile desiderio. Il resto perde importanza. Nessuno di chi cade in questa trappola è felice. La vita avrà poi senso solo nell'ammirazione, spesso ingenua, illusa, di altri uomini, ma in sé è vuota. Non c'è alcuna luce, solo il buio di un fallimento travestito da grande avventura, e il segno evidente è la disperata ricerca di approvazione, di divulgazione, di propagandare l'avventura: essa esiste e ha un senso solo se altri uomini la possono ammirare, seppur illudendosi.

In sé tale avventura non ha alcuna vita, cessa con l'indifferenza sociale, muore. E questo è il segno del fallimento dell'Albero della Conoscenza:


l'Uomo e la Donna erano felici in sé, prima di essere ingannati, non c'era alcuna platea con cui condividere la loro situazione, non ne avevano bisogno.


Se c’è bisogno della divulgazione, se la luce deve illuminare gli altri per poter esistere, allora non è luce, ma un buio che si nutre dell’interesse altrui, camuffandosi da verità e divorandola. Cessa l’interessa e cessa la finta luce. Le persone luminose, coloro che curano il Giardino senza preoccuparsi del resto, creano l’Eden in questa vita, il rifugio.


Eluce non perché illumina altri;, è luce perché non ha bisogno di illuminarli per esistere, risplendere.

E’ luce perché esiste nell’anonimato.


L’Albero è l’inferno. Da questo stato non si esce, non senza cambiare profondamente sé stessi. L'inferno rimane inferno anche nel silenzio, molti inferni sono sommessi, personali. L'unico sollievo nel proprio inferno non è la faticosa uscita, che significa rinunciare all'Albero, cosa che l'uomo non vuole, ma attirare, condividere questo inferno spacciandolo per meraviglia, propagandarlo il più possibile, diffonderlo abbellirlo e proporlo, giustificarlo, affinché, finalmente, non ci si senta più soli, affinché venga condiviso il dolore.


Il diavolo non vuole uscire dall'inferno. Vuole che tutti gli tengano compagnia.


Vuole condividere il dolore, diffonderlo affinché non abbia più importanza chi ha torto e chi ha ragione, cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa sia felicità e cosa amarezza e fiele, cosa verità e bellezza e cosa illusione: quando tutti saranno con lui, niente di tutto questo avrà più importanza: vuole approvazione, numeri, perché è l'unica cosa cui può aspirare.

L’Uomo che ha assaggiato l’Albero vuole numeri, seguaci, simpatizzanti, perché è solo questo che può ottenere, non altro, non pace, non felicità. Ridicolizza chi è rimasto nel Giardino, chi non si è avvicinato all’Albero: è l’unica cosa che può fare, non può togliere il Giardino a chi ne è il proprio Custode. Può solo devastare l’Eden di chi si lascia sedurre; di chi, ingannato, accetta di scambiare il proprio Giardino col condominio soffocante di un altro.


Luomo che ha assaggiato lAlbero vuole condividere ciò che ha, non importa se ciò che ha è morto.


Tutti coloro che assaggiano l'Albero vogliono ascolto e numeri, riconoscimenti, approvazioni. Vogliono condividere il proprio inferno, piccolo o grande, strappare dal Giardino, affinché ogni dolore e ogni perdita venga condivisa. Non possono e non vogliono tornare nel Giardino. Non sopportano chi vi abita. Disprezzano chi si è salvato da quest'inganno.

L'Uomo e la Donna erano liberi, e questo non poteva essere accettato da chi porta in sé la rabbia di essere decaduto, di non vivere più quello stato di trascendenza, di indifferenza al dolore, di non conoscenza del male e della sofferenza che erano proprie della prima coppia. Dovevano decadere anche loro.

Deve decadere chiunque sia in pace, chiunque curi il giardino senza guardare l’Albero, tutti devono perire, tutti coloro che rifiutano la “conoscenza”. Devono essere denigrati, ridicolizzati, disprezzati, ingannati, convinti, sedotti, edotti, informati, educati, elevati, devono essere portati allo stadio di conoscenza da cui non potranno tornare indietro, devono entrare nel meccanismo che li renderà tutti uguali, curiosi, interessati, evoluti, e dannati.


Tutti devono essere dannati. Non hanno il diritto di disinteressarsi del mondo, curando semplicemente il Giardino.


Siano maledetti: fannulloni, ignavi, creatori di miseria, criminali, menefreghisti, egoisti, peste della società, complici dei ricchi, concausa della miseria, restii a creare un nuovo ordine, un nuovo mondo, in cui finalmente l’inferno di alcuni abbraccerà tutto il creato. Loro abbracceranno la conoscenza o verranno distrutti, l’uomo nuovo verrà creato e il giardino spazzato, perché non c’è niente che possa essere dato da dio e tutto verrà creato dall’uomo, quell’uomo che ormai ha perso Dio e non sa più come fare, cosa fare, come riuscire.

Avendolo strappato dal Giardino, allora l’uomo decaduto insegnerà ad altri come fare, si farà Dio al posto di Dio. Però non sarà così stupido da scoprire le carte, dirà semplicemente che Dio non esiste, il Giardino non esiste, è tutto qui in questa vita, con questi sensi, e che lui non vuole insegnare, ma solo condividere. E giù e giù nell’inferno. Personale e collettivo.

Non c’è conoscenza, non c’è libertà in questo. C’è bisogno, devastazione, in cui il riconoscimento altrui è balsamo sulla ferita aperta: dimentichi il dolore, almeno per un attimo, almeno per un giorno. E domani si cercherà di nuovo il balsamo per le ferite. Molti cercano la conoscenza del bene e del male, solo perché non si rendono conto che è tutto lì, nell'Eden.

L'albero è ben visibile, è noto, ma non devono mangiarne, non devono cercarlo. Quel passo è fatale


Cos’è l’inferno? Posso dire quale ne è il segno: non sapere come fare, non sapere cosa fare, per raggiungere l’Albero.

E una volta raggiuntolo, cercarne un altro.


Capita spesso che l'uomo persegua con ardore alcunché di cui sente la mancanza; e poi, quando l'ha raggiunto, cominci a giudicare diversamente, perché i nostri amori non restano fermi intorno a uno stesso punto, e ci spingono invece da una cosa all'altra

De Imitatione Christie, Capitolo 39



L'Uomo e la Donna era felici. Erano in un stato di Grazia. Eppure sono stati tratti in errore. Non erano ingenui, ma creature dotate di una saggezza formidabile, inimmaginabile. Ma erano dimentichi della loro vulnerabilità, di essere uomini e non dei.


L'inganno: la tua vita è incompleta. Non ha senso. Ascoltami e io ti indicherò la strada della conoscenza.


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lunedì 26 marzo 2012

SULLO SCRIVERE

Tempo fa ho lasciato questo commento su di un blog:


“Adesso, se permetti, visto che mi piace molto leggere il tuo blog, vorrei dirti qualcosa da maniaco grafologo: 

Scrivi per te stessa, scrivi divertendoti, senza correggere, senza link, con amore, con furore, con rabbia, scrivi senza guardare il video, commettendo errori e fregandone. Scrivi col cuore e senza mente, con lo stomaco, scrivi come se facessi l'amore; se al termine della scrittura non provi un orgasmo vuol dire che non andava. 

Scrivi senza pensare al lettore, senza cercare di fargli capire, senza essere semplice, scrivi rilasciando te stessa, con puro, sano, sporco, magnifico egoismo in cui il premio è fare l'amore con le dita che picchiano la tastiera, o con la mano che traccia segni sul foglio, scrivi così, non fermarti fino a che sei stanca ed esausta, finché non ti fanno male le dita, finché non hai graffiato a sangue la tastiera come fosse un amante. 

Scrivi finché hai tirato tutto fuori e ti accorgi che è solo una minima parte di quello che hai dentro, scrivi di tutto, scrivi per tutto, non cercare il senso, non cercare la misura, non cercare niente ma lasciati andare al furore, scrivi pensando che pubblicherai e che non ti leggerà nessuno, così non avrai alcuna censura, scrivi come se da questo dipendesse la tua vita, la tua giornata, scrivi senza pensare, scrivi senza correggere, scrivi un milione di pagine e poi dimenticane. 

Scrivi senza pietà, per te stessa, per il lettore, per la tastiera, per il tuo corpo stanco dopo una giornata assurda, scrivi per uccidere e non fare prigionieri. 

Scrivi sporco, scrivi esagerato, scrivi sbagliato. Scrivi folle, scrivi con il mondo intero che leggerà senza capire niente. Vedrai che capirà tutto. 

Scrivere non è amare, nella prima stesura, è solo sesso: sboccato, furioso, esasperato, senza limite né ritegno, senza pudore né vergogna, senza mente né freno. 

Con la seconda stesura, se sono rose, arriverai al matrimonio. Non avere fretta però lascia che l'istinto dilaghi. 

Scrivere è nascere e morire, è tutto lì in un soffio, è bruciare senza lasciare tracce, senza connessioni, senza futuro né ricordi, senza nient'altro. scrivere è possessione, è lasciarsi possedere, è urlare al mondo la tua anima. 

Un giorno tornerai su e, se vorrai, potrai correggere con la mente e fare un lavoro editoriale. Sarà arte ma non sarà più sesso, non ci sarà la stessa passione, lo stesso abbandono. Ci sarà amore. ”

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domenica 25 marzo 2012

DIVERSITA'

Sollevo un problema che mi sto ponendo in questi giorni: che senso ha parlare con persone che non la pensano come me, in rete soprattutto? Magari estendo il mio campo di vedute, è vero, ma di sicuro non viene "approfondito", non dico di non farlo, ma è un tempo utilmente investito? Non è meglio concentrarmi su coloro con cui ho una "base" comune e ignorare completamente il resto, non è meglio investire il tempo in questo modo, meno estensione, più approfondimento, ma anche maggiore capacità di aggregarsi e di fare?

Non è tutto già abbastanza diviso e spezzettato con un milione di verità relative diverse e un Paese (Italia) che è completamente fermo (molto più di quanto si creda) per mancanza di basi comuni? Tutta questa "libertà di pensiero" che poi non è libertà ma difformità di pensiero, non viene pagato con un prezzo terribile, la paralisi, l'incapacità di andare avanti, l'annullamento della coesione sociale, della capacità costruttiva?

Vogliamo adattare la realtà ai nostri pensieri, non i nostri pensieri alla realtà. Come conseguenza ognuno tira avanti per la sua strada, con il proprio credo, i propri valori, che a volte sono così superficiali da essere irrilevanti, fittizzi. Ottima cosa. Ma ci meravigliamo se questo Paese è a pezzi?

Io sono convinto di una cosa: non è cambiare sistema che porterà vantaggi, il sistema non è giusto o sbagliato, sono generalizzazioni da un quarto d'ora, nel senso che cambiano le cose si tira avanti bene per un quarto d'ora e basta. L'esempio dell'Unione Sovietica e dei suoi milioni di morti per inseguire un sistema perfetto ne è la prova. Io credo che ciò che fa la forza di un Paese è la sua Unità, la sua capacità di raccogliersi attorno ad un obiettivo comune, un credo comune e andare avanti. E' la pasta di cui si compongono le dittature, ma paesi a pezzi ad un certo punto ricorrono alle dittature per andare avanti, per progredire. Vedi Germania e Italia, nel momento del loro splendore economico, prima della follia imperiale. L'unità ritrovata funziona meglio di qualsiasi sistema politico, economico, sociale. Specialmente in paesi come il nostro che ha comunque un'ottima base industriale, civile, sociale.

Ecco tutta questa difformità di pensiero esistente nel nostro paese, il fatto che nessuno voglia rinunciarvi, né ormai possa farlo, non significherà forse la fine inevitabile di una civiltà così divisa e litigiosa? Vale la pena lottare per cambiare qualcosa quando tutti i nostri sforzi verranno subito vanificati dal vicino che la pensa in modo diverso?


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giovedì 22 marzo 2012

SCRITTURA


E' un po' che non scrivo. Credo di aver detto tanto, posso approfondire quello che ho scritto in passato, ma non dire di più. Non sarebbe utile, a me, a nessuno, non c'è estensione, solo profondità.

Se riuscissi a mettere in pratica sempre ciò che scrivo e vedo con tanta chiarezza, che ho scritto finora, vivrei una vita felice, basterebbe quello. Ecco perché non scrivo più, c'è già troppo.

Il bello è che ho tanti post già pronti, sull'economia, lo spirito, il tempo, tutto, adoro mettermi alla tastiera, ma poi mi dico che c'è molta maggiore bellezza in una storia di poche righe o in un respiro ben fatto, nella carezza di un bambino, nello strusciare di un gatto sulla tua gamba. E allora mi fermo, comprendo che c'è già troppo da vivere, assaporare, ammirare: è tutto già qui, tutto perfetto, dire altro vorrebbe dire rovinare tutto.

Sto seguendo alcuni progetti, diciamo letterari. In realtà do una mano ad un'amica per una tesi di laurea e ci stiamo documentando e scrivendo, il 90% di ciò che scrivo verrà gettato, il 10% spero sia utile, spero mi permettano di scrivere come amo fare, in modo che ciò che si scrive venga letto, e in un attimo. Ho letto alcune tesi di laurea, sono davvero illeggibili, nessuno passerà mai del tempo a sfogliarle se non ha davvero interesse ai dati, e lo farà con una tazza di caffè a lato per non addormentarsi.

Sono frustrato dallo stato in cui versa in Italia la scrittura, c'è gente che non ha niente da dire e scrive e vende il vuoto e ragazzi con tutto da dire, pronti a sfidare il mondo, costretti a compilare l'equivalente dell'elenco telefonico. Non avremo mai una scrittura anglosassone, forse meno precisa ma piacevole da leggere. E' come cercare di gareggiare con le palle di cannone legate ai piedi, troppo seri, troppo attenti al moscerino lasciamo passare l'avvoltoio.

I ragazzi non sanno scrivere, o meglio conoscono tutto della correttezza della grammatica e niente dell'interessare chi legge. Non sono seducenti. E la seduzione è ciò che permette di continuare a leggere, senza, si smette. La seduzione è gioco, la scrittura è gioco. I ragazzi faticano. Imparano libri su libri mentre lavorano e poi si perdono quando gli togli il libro, quando il progetto deve essere loro dall'inizio alla fine, non sanno più come fare, cosa fare. Se non gli dici cosa fare si bloccano, o al contrario cercano di imprimere l'universo intero sulla pagina e non finiscono mai.

E' colpa della scuola? Chissà? Com'è possibile che produciamo programmi televisivi copiati nel mondo e letteratura così... Non è corretto dire così perché ci sono scrittori bravissimi che vendono molto bene, ma i giovani a chi si ispirano quando buttano su carta, da quale matrice proviene un modello così noioso? E, quando sono creativi, divertenti, spontanei, nelle accademie gli è permesso sfuggire al grigio conformismo, oppure è possibile solo in politica e in TV?

Appena terminerò questo progetto inizio la stesura di un romanzo. Ehmmm... per la verità ne ho scritti molti negli anni, ma poi li butto. A me piace scriverli ma non rileggerli. Non avrei alcuna convenienza a farlo, non è un lavoro, non guadagnerei niente, e li considero sempre un esperimento, qualcosa da conquistare e da buttare. Per me è così. Un tesoro non è un tesoro se poi sei legato a lui. Il tesoro è quando scrivo, non quando ho finito. Finito, riletto, forse non mi piace, chissà. Ma se continuo a scrivere allora c'è sempre freschezza, e io sono sempre libero.

Essere libero significa andare avanti, non ripetere sempre le stesse cose. C'è così poca gente che non ripete sempre le stesse cose, così pochi che vanno davvero avanti. Che dicono cose diverse da ieri, non avendole rinnegate, ma trascese. Tutti ripetono ciò che ieri ha funzionato, ma dov'è la bellezza in ciò, dov'è la grazia, la verità che vuole uscire, dov'è la vita che va avanti e scopre cose nuove?

Credo che scriverò di meno nel blog e molto di più per me stesso. Già adesso sono messo molto bene quanto a dita che picchiano sulla tastiera, ma mi accorgo sempre più quanta gioia mi dia quest'azione, quanto piacere, la soddisfazione, il senso di appartenenza, di realizzazione. Ciò che mi preoccupa semmai è la mia scarsa voglia di far leggere. Non che ritenga la cosa importante, ma potrebbe diventare come le serate del mio zio che si chiudeva in casa e assaggiava dell'ottimo bourbon accompagnato da un bel libro. E buon bourbon oggi e domani, si è divertito da matti, è stato benissimo in salute ma un giorno era finito il bourbon e si è accorto che sua moglie era una vecchia e i figli dei panciuti uomini di mezza età mentre lui si sorbiva il suo idillio.

Diamine, occorre pur sacrificarsi per quello che ci sta intorno, non si può essere tanto egoisti da divertirsi soltanto!


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domenica 18 marzo 2012

L'INSEGNANTE

Il maestro taciturno era nel villaggio da molti anni, ma non aveva mai insegnato la sua dottrina, né fatto proseliti, né spiegato alcunché.

Quando, troppo vecchio, dovette andarsene per essere accudito in un monastero l'intero villaggio si mosse per salutarlo.

"Grazie per ciò che hai insegnato in tutti questi anni" disse il capovillaggio.

"Ma se non ho mai parlato, di niente!"

"Appunto. E' stato uno splendido insegnamento!"



Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo.

Blaise Pascal


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lunedì 12 marzo 2012

OGNI ISTANTE

Erano più di venticinque anni che studiava la pace in tutte le sue forme. Aveva meditato, pregato, letto, svolto esercizi, dedotto, ragionato, confutato, criticato, era apprezzato, voleva diventare a sua volta insegnante.

Era un giorno piovoso quando si recò dal suo mentore per esporgli la richiesta, portò con sè l'ombrello che lasciò insieme alle scarpe inzuppate nell'anticamera.


"Vorrei chiederti se hai messo l'ombrello a destra o a sinistra delle scarpe" chiese l'insegnante.


L'uomo sconcertato non seppe rispondere e realizzò allora quanto lontano fosse dal "vivere ogni istante". Si rese conto di quanto i suoi turbamenti fossero legati a questo, di come "l'istante" non riusciva a purificare la mente da ogni pensiero residuo proprio perchè non lo stava vivendo; credeva di vivere nella pace ma era solo un simulacro, in realtà doveva sforzarsi per ricordare la posizione delle scarpe e dell'ombrello qualche minuto prima.


Non stava vivendo appieno, si era solo illuso di farlo.


Tutto contento rivolse un ampio sorriso al suo maestro: non pensava più ad insegnare, c'era così tanto ancora "in ogni istante"!

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domenica 4 marzo 2012

Il PREZZO

Oggi vi segnalo un bellissimo post di Elisa Barindelli a cui ho partecipato con un commento, frutto di esperienze personali.


http://www.landroideminimalista.com/2012/02/articolo-una-storiella-letta-su.html


Leggetelo, è davvero illuminante.

Se volete potremo poi commentarlo.

Buona domenica.





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