Ci sono due modi per cambiare la nostra vita: uno è cambiare il nostro modo di vivere, la realtà che ci circonda; l'altro è intervenire su quel magico, microscopico, interruttore bioelettrico nascosto nei meandri della nostra mente, che cambia la realtà in un clic.


lunedì 25 giugno 2012

GURU CONFUSI




I guru sono impazziti.


Mi sto divertendo un sacco a cogliere tutte le contraddizioni in cui stanno cadendo i guru in questi momenti di crisi. Magari loro non lo ammettono neppure che c'è crisi: il guru trascende tutto e tutti e si pone in lontananza, vicino ma un po' più in alto, come gli altri ma un po' più illuminato; ha certo difetti ma quelli che dice lui; ha lo spirito sopraelevato ma i piedi ben piantati per terra; è in vicinanza con la natura, il mondo degli uomini, se tutti seguissero i suoi consigli colmi di saggezza e buon senso il mondo, la politica, l'economia, la Società, tutti sarebbero in pace, prosperità e libertà. Naturalmente.

Stanno dicendo cose non solo senza senso, non sarebbe grave né una novità, ma anche diverse da quanto raccontavano fino ad un anno fa. E questo in tutti i campi. Chi parlava di unità adesso parla di individualismo, chi proponeva l'avidità individualista come fonte di ricchezza adesso racconta di ritorno ai valori unitari. Chi presentava utopici progetti adesso racconta di essere un asceta, chi proponeva di arricchirsi e solo dopo ridistribuire con generosità parla di "ripensamento di un sistema".


La politica parla come se fosse antipolitica, i leader ribelli propongono piani politici.


I rivoluzionari di professione cercano l'appoggio delle banche, le banche cercano di accordarsi con i politici, i politici cercano di copiare i moti e i modi dei rivoluzionari di professione.

Gente che ha solo scritto sui giornali di partito, solo per gli elettori e non per la gente adesso apre dei blog per accorgersi che nel passato non era affatto letta, solo studiata dai devoti, e non sa cosa dire. Il re è nudo e una bella pubblicità con una modella in abiti succinti risulta molto più interessante delle loro parole vuote.


Chi parlava di crescita si trova nell'impossibilità di realizzarla; chi parlava di decrescita se la ritrova in mano e non sa più cosa inventarsi per risultare interessante. 


La decrescita, la recessione, la deindustrializzazione, la diminuzione del consumo, dell'uso dell'auto, il crollo delle immatricolazioni, il crollo della natalità così auspicato dagli illuminati profeti del dopo, sono già qui e adesso cosa si fa? E' tutto qua? Sono questi i risultati attesi dai profetti dell'arricchirsi e dagli apostoli della spiritualità materialista e casareccia? E' come se entrambi fossero stati accontentati, e adesso non sanno cosa inventarsi. Non potendo proseguire sulla linea tracciata, ridicola, introducono l'incoerenza nei loro discorsi perché altro non possono fare, già annoiano così, si vede il vuoto, provano a contraddirsi perché nello sconcerto puoi suggerire che in realtà c'è qualcosa che i tuoi seguaci non hanno colto, ed è per questo che non stanno beneficiando dei risultati attesi: non è il tuo sistema che non funziona, sono i tuoi credenti che non hanno compreso bene tutto.

Ricordo di aver letto né "La sfinge senza misteri" di Oscar Wilde qualcosa che spiega questo atteggiamento. Adattandolo ai tempi presenti: 


Quando coloro che ti stanno dietro sanno tutto di te e non rappresenti più un mistero, allora creane uno, perché non risulti più interessante. 


Tanto più se con le soluzioni che hai proposto non si giunge a niente. Allora, con una dose di mistero, di cambiamento, di cambio apparente di rotta, che si giustifica in nome di una progressione non colta prima, puoi tornare sulla scena. "Ah, ecco, non avevamo capito, adesso riproviamo" diranno i seguaci. Forse.

Tre regioni d'Italia si pongono oggi ai vertici come PIL pro-capite in Europa. Nel 1997 erano dieci regioni che si ponevano ai vertici, con una crescita che assicurava benessere, poi il degrado, corrispondente anche ad una certa stagione politica e ad una certa immoralità politica. Questo degrado, recessione, decrescita ha fatto contenti i guru del "tanto peggio tanto meglio" ma in realtà è un disastro. 


Se ci si sente infelici da ricchi, è meglio non provare quanto ci si possa sentire infelici da veri poveri, ovvero da poveri tra i poveri. 


Essere poveri tra i ricchi permette di usufruire di certe reti di solidarietà, anche sociali, ma poveri tra poveri è un'altra cosa. Ma crescisti e decrescisti, che sono la stessa cosa in quanto il loro pensiero segue lo stesso limitato binario, gli uni in un senso, il restante nell'altro senso, continuano ad insistere e a rappresentare la realtà delle maggiori e prospere zone d'Italia, senza minimamente considerare e proporre nulla di concreto e fattibile per le restanti regioni, soprattutto verso il sud del paese che di crescita ha un disperato bisogno. 

Tre-cinque Regioni al top, che non possono crescere di più o se lo fanno rischiano la congestione e la paralisi, alcune che crescono lentamente e riescono a barcamenarsi con l'aiuto delle prime, e una serie di ultime che versano in una situazione drammatica di degrado: hanno un disperato bisogno di legalità, di regole rispettate, di crescita economica, perché le regioni più ricche non possono fare di più, anche volendo. 


E ancora si fanno discorsi di crescita sì e crescita no, come se l'Italia fosse un paese omogeneo e Lombardia, Piemonte e Sicilia e Calabria fossero la medesima cosa.


Però il messaggio dei guru non viene bene se devono precisare troppo, preferiscono lanciare lo slogan, il jingle, l'idea miracolosa e universale, l'elisir che tutto aggiusta. Si vende bene così. E si vende a tutti, essendo il messaggio, lo spot, rivolto a tutti, nord, sud, centro Italia, un po' di chiacchiera, di speranza, di poesia magari e libiamo nei calici.

La partita si gioca al sud, nelle regioni più degradate, non ha importanza se il resto d'Italia riesce o meno ad aumentare la propria ricchezza, se una parte del paese divora risorse con quella rapidità e senza ricrearle, alcune, poche, regioni contemporaneamente vivranno una situazione di "crescita abnorme" e di "povertà" (dovuta ai trasferimenti), e altre che sprofonderanno, si spopoleranno e basta. Attireranno masse di ancor più poveri che offriranno la mano d'opera necessaria a far progredire un sistema fondato sullo sfruttamento della miseria. 

Non è un questione "federalista", ma il comprendere che una guerra economica si vince e si perde sul proprio territorio, se "perdi in casa", non puoi aspettare che altri ripianino il tuo fabbisogno, non adesso. Non si può cercare sempre di prelevare risorse ove è più semplice farlo, occorre affrontare i problemi; occorre operare gli organi ammalati, non quelli comunque sani per farli rendere sempre di più, sempre di più. Si parte dal piccolo per arrivare al grande, non dall'ideologia per applicarla ovunque allo stesso modo. Che poi il guru non applica niente perché se venisse fatto l'illusione crollerebbe ed egli smetterebbe di prosperare, di sedurre, di vendere. 


Il guru è guru finché non viene messo alla prova. Quando succede, egli caccia il discepolo, lo esilia, e continua il suo mercato.


Non ha senso fare piani, non ha senso cercare appoggi, non ha senso, non è possibile, il ritmo della vita moderna rende un piano obsoleto appena pochi mesi dopo la sua elaborazione, gli imprevisti sono tali che la quantità di risorse, di accantonamenti, necessari a fronteggiarli viene a mancare al piano principale, che miseramente naufraga. A meno di non aumentare le entrate a spese del paese, per mantenere piani già deceduti.

Siamo in una fase di disintegrazione, la religione monolitica, unica, costruttiva ma considerata oppressiva e antilibertaria è stata sostituita dal nulla, da miriadi di pensieri diversi, di piccoli personaggi che sfruttano le innumerevoli nicchie di pensiero apertisi quando è venuta a mancare una speranza di salvezza, economica, politica, morale, sociale, religiosa. Tutto il pensiero è relativo, relativizzato, non c'è società, impero, prosperità che sia stato costruito in queste condizioni: la grandezza di un paese, in tutte le epoche, deriva dalla sua unità di intenti e affinché vi sia questa unità, occorre un credo comune.

Ma un mondo intero è saltato, e questa generazione non credo possa tornare indietro. Credo di sapere cosa succederà nel futuro, non sono un profeta ma un appassionato di storia, so come i popoli, una parte dei popoli si riprendono. Ma non vi sono soluzioni applicabili alla nazione Italia in questo momento, è troppo divisa, troppi pensieri, troppe idee, troppe ideologie. E non è detto che creare un "nuovo" pensiero unico migliori le cose, anzi potrebbe avvenire un disastro, è già successo. I pensieri, le credenze sono ormai come pecore in mezzo ai lupi, quello che stupisce è che questi lupi siano talmente mediocri da farsi scoprire così facilmente: confusi, chiacchieroni, bisognosi di esibirsi, di esistere, incapaci di coerenza con le loro stesse parole ed azioni. Ma la disperazione del pensiero "debole" moderno ha creato una tale incertezza che ognuno si accontenta del lupo che trova.


Nel degrado complessivo, neppure i predatori sono più quelli di una volta.

-

sabato 23 giugno 2012

LA MAGGIOR PARTE



La maggior parte delle cose che leggo, che vedo, ascolto, di cui parlo, delle idee che permeano i cervelli, delle distinzioni molto personali che vengono operate fra ciò che si crede bene e male, delle discussioni, sono completamente vuote.

Sono castelli in aria senza la reale capacità di spostare di una virgola ciò che è, ciò che deve essere, ciò che è portato ad essere dagli eventi. Si pensa di avere scelto e invece si è soltanto instradati verso ciò che era inevitabile. Al massimo è una mano di vernice su di un muro, non importa se il muro è sano o è scrostato, ma ciò che sto aggiungendo è solo vernice.

Sono contento non quando partecipo, ma quando evito. Quando partecipo ho soddisfatto un bisogno, ma quando evito vuol dire che non ho più bisogno. Allora sono libero, allora sono felice :-).

-

martedì 19 giugno 2012

L'INDIVIDUO IN UN'EPOCA TRISTE CHE SI CREDE GLORIOSA


Viviamo un epoca individuale. E' un'epoca triste che si crede gloriosa, e si crede gloriosa perché non si accetta sé stessi come parte di un tutto, occorre sentirsi diversi, superiori, assoluti, portatori di una verità che altri non hanno. Ricordo quand'ero bambino ed eravamo tutti uguali, eravamo tanti e ci scambiavamo i vestiti, andavamo tutti a messa e non si sgarrava, le madri controllavano.


E' un epoca di individui e non di gruppi, è un'epoca triste che si vede gloriosa.


C'erano poche idee e sempre quelle, e funzionavano! Si costruiva una vita con esse, un futuro, una famiglia. L'individualità c'era ma il senso del dovere di più. Inutile negarlo, non eravamo liberi come adesso. Liberi di distruggersi oggi, di restare single senza rimpianti, di farsi un cicchetto in più ma da soli, prima gli anziani bevevano ma in compagnia, mai da soli.


L'individuo "libero", in un epoca triste che si illude gloriosa.


L'individuo che afferma sé stesso, che non coopera, che non collabora, che non ha bisogno. L'individuo che non ama il sistema in cui vive, non comprendendo che non è diverso, diviso, dal sistema in cui vive. L'individuo che non può tornare indietro perché a vivere insieme, in comunione, si impara da bambini e se non l'hai fatto, se questa società ti ha permesso di non vivere questa esperienza, magari in uno stato di bisogno, non riesci più a farlo, ad accettarlo. 

Occorrerà una nuova generazione, magari cresciuta altrove, in posti in cui la solidarietà e l'amore dello stare insieme, il bisogno di stare insieme, supera il bisogno di sentirsi diversi, autonomi, importanti. Per questa generazione è troppo tardi, non accetta, neanche i legami familiari tengono più, i matrimoni non vengono salvati, questa generazione dovrà inventarsi un modo diverso di vivere, ma sarà triste perché non ci saranno più gli stessi legami, quelli che avevo da bambino.

Se non c'è questa solidarietà è impossibile costruire, è impossibile tener insieme non solo le famiglie, ma la stessa nazione Italia, perché una parte ricca e produttiva dovrebbe mantenerne un'altra arretrata e così diversa da sé, se prima non si ricrea un'idea di solidarietà ormai perduta?


L'individuo solo in un'epoca triste che si crede gloriosa.


Così solo, così bisognoso di quella considerazione che un tempo non costava niente, bastava compiere il proprio dovere (che brutta parola oggi!) per essere "qualcuno", non il più grande, non il migliore, solo qualcuno, parte di un tutto. Oggi si fa tutto anche solo per "esistere", per non essere distrattamente dimenticati, abbandonati.

Il degrado morale del sistema mondiale, l'individuo così ricco, così potente, così privo di legami, pronto ad assurgere al ruolo di Dio. Un dio solo.


L'individuo illuso in un epoca triste che si dipinge gloriosa.   


-

lunedì 18 giugno 2012

SALVEZZA


Riporto un commento e mia risposta nel mio ultimo post:

Sting:

(http://www.crealavitachevuoi.com)

La storia si ripete, non so come mai, ma e' cosi'.
Da secoli l'uomo medio vive di speranza, nel senso che spera che qualcosa o qualcuno lo salvi.
Io dico che dobbiamo rimboccarci le maniche e creare una nuova societa'.
Quella attuale e' morta cerebralmente e spiritualmente.
La stiamo tenendo in vita in modo artificiale, posticipandone la morte vera.


Mia risposta:

Beh...

Io sono un uomo medio, ho davvero bisogno della salvezza. Adesso vado un po' fuori tema, anche se ne abbraccio uno più grande: io credo che il desiderio profondo e naturale dell'uomo, quello che guarisce tutte le ferite è proprio questo: ha bisogno di essere salvato.

Salvato dalla morte inevitabile, dal dolore inevitabile, dai pochi successi e tanti fallimenti inevitabili, dalla routine inevitabile accompagnata da pochi giorni davvero entusiasmanti.

Io credo questo: chi ha la consapevolezza di essere salvato, parlo di un aspetto religioso, non ha bisogno di altro, interpreta tutto come un dono e quindi i doni fioccano perché tutto è dono, appunto. Non gli manca di più degli altri, ha una vita simile agli altri, ma è tutto diverso, non critica, non si lamenta, agisce ed opera. E lo fa con speranza, con gratitudine. Se non si sente salvato, dato che non può salvarsi da solo perché la fossa è lì che lo aspetta lui e tutti coloro che ama, tutte le sue opere, se non ha nel cuore la consapevolezza di essere salvato, si muove a fatica e col cuore gonfio, pesante. Non vola, non può. 

Per me la salvezza è più importante, che so', del lavoro, la politica, la società, i rapporti umani. Se sei salvo, dai agli altri, ma se ti senti precipitato in un oceano di vuoto e desolazione, ti aggrappi agli altri e li tiri giù con te. E loro si staccano perché non vogliono soccombere insieme a te. 

Se ti senti salvato, diventi una calamita anche per gli altri, perché tutti cercano la salvezza, e tutti desiderano essere salvati. La salvezza è la cosa più affascinante che ci sia. Tutti i venditori in fondo ne offrono una versione posticcia, ma è sempre quella, la soluzione, la risposta, magari a buon prezzo, il ricorso alla presunta sapienza degli uomini che indicheranno la via. Tutte balle, la salvezza non viene dagli uomini, la risposta tanto meno.

Prima di cambiare il mondo, sperando in meglio, occorre la salvezza dentro di sè. Altrimenti il contagio si trasmette e si crea la società che si è creata oggi: una società morta, appunto, ricca, elegante, e morta. Priva di salvezza.

-

lunedì 11 giugno 2012

CHIACCHIERE


Questo post segue il precedente "PROVE"

Stamani, il mio capo mi vede sovrapensiero e mi chiede cos'ho che non va.

Rispondo che frequentavo siti che tiravano un miliardo di idee per cambiare le cose quando le cose andavano bene o non troppo male, e adesso, o sono spariti, o gli autori non scrivono più, oppure i commenti che erano un numero davvero impressionante, si sono ridotti a pochissimi, sempre le stesse persone, magari per salutarsi e imprecare contro il mondo ingiusto, la politica disonesta, le banche ladre e tutto il resto. Addirittura credo che gli stessi possessori dei siti si stiano interrogando: prima lanciavano una provocazione e tutti giù a dare un contributo (spesso purtroppo era a chi la sparava più grossa o criticava con più ferocia, ma può starci su internet, non ci sono filtri); adesso hanno aumentato di molto la quantità di scrittura, per colmare l'incredibile lacuna che si è venuta a creare. 

E' un po' come se arrivassi all'ora di punta alle casse dell'ipermercato e le trovassi vuote ed accessibili. Fa molto piacere, ma rimango sorpreso. Ecco, adesso sul web credo ci saranno meno interventi "rivoluzionari" e più qualità, ma rimango ugualmente sorpreso.

Ho risposto al mio capo:


"Non possono esserci un milione di soluzioni proposte quando tutto va bene e nessuna quando le cose vanno male".


Basta uno scossone, forte certo e si smette di proporre. E' tutto qui? E non si è neppure iniziato, pensa se qualcuno metteva in pratica quelle idee folli nella convinzione che comunque non sarebbe stato solo a portarle avanti, convinto dell'esistenza di una qualche forma di "comunità", non solo virtuale, che porta avanti gli stessi progetti. Ancora una volta, con tristezza, riscopro il mondo di chiacchiere, la chiacchiera unica azione. Dovrei esserci abituato, ma trovare le casse così vuote, pur facendomi bene, pur facendo guadagnare tempo evitando le inutili code, rende evidente che non esiste alcun serio progetto alternativo al mondo in cui viviamo oggi, alle strutture che abbiamo oggi.

Ho ascoltato alcuni aderenti al movimento a cinque stelle, credo sia la cosa più fresca in questo periodo, una parola che diventa azione. Ebbene, loro si muovono in un quadro legislativo già pronto, e hanno "successo", dove successo significa anche il solo essere presi in considerazione. Nessuna rivolta, ma voglia di usare gli stessi strumenti della politica per poter incidere. E li reputo molto seri, ottengono risultati. Ma all'interno di quadri già consolidati, strutture che abbiamo ereditato e che molti vituperano, senza comprendere che è il massimo cui si può aspirare, perché chi ha creato quelle strutture aveva non solo chiacchiera, ma anche "muscoli", e "muscoli collettivi", capacità di trascinare, di unirsi, di lavorare insieme anche quando stare insieme voleva dire essere meno "sé stessi". 


Adesso non ci sono più muscoli, c'è solo lingua e dita che sfrecciano sulla tastiera. 

E incapacità di rinunciare a sé stessi per qualcosa di più grande.


L'individualismo ormai è il dio di sé stessi, puoi fare ciò che vuoi, ma non cambiare il quadro in cui ti vieni a trovare, puoi scappare, ma non cambiare, puoi rifiutare ma non cambiare, incidere in modo reale sul mondo che ti circonda. Teniamoci strette le vecchie strutture, lavoriamo come questi giovani, cambiamo le persone ma non illudiamoci di riuscire a creare qualcosa di nuovo, per fare questo ci vogliono muscoli solidi e collettivi, quel tipo di muscoli che non arricchisce solo sé stessi ma si prende anche cura del mondo in cui si vive, del benessere del prossimo... E questo, nella realtà dei fatti, esiste ancora solo in quelle "vecchie" strutture sociali che molti respingono senza saper creare al loro posto nulla di nuovo.

-

sabato 9 giugno 2012

BUTTALO VIA


"Se nella mia testa non c'è nulla cosa devo fare?" chiese l'allievo.
"Buttalo via."
"Ma se non c'è nulla come faccio a buttarlo via?"
"O lo butti via o lo metti in pratica" rispose il maestro.


O lo butti via o lo metti in pratica, tutto il resto nella testa è solo sporcizia inutile.


-

martedì 5 giugno 2012

TRE RACCOLTE


L'uomo decise di far pubblicare gli scritti che a quel tempo non erano disponibili nella sua lingua. Dovevano essere stampati con blocchi di legno, settemila copie, un'impresa enorme.

Si mise in viaggio per raccogliere fondi. Alcuni gli diedero un centinaio di monete d'oro, per il resto solo piccole somme. Ringraziò tutti con uguale gratitudine. Dieci anni dopo aveva abbastanza denaro per iniziare l'impresa.


Ma il fiume straripò, l'alluvione portò carestia, l'uomo spese i fondi raccolti per salvare la gente dalla fame. 


Ricominciò la colletta e dopo anni rimise insieme i fondi necessari.


Ma il paese venne colpito da un'epidemia, l'uomo diede via di nuovo quello che aveva raccolto per aiutare la sua gente.


Ricominciò la colletta e dopo altri vent'anni realizzò il suo desiderio. I blocchi di legno per la stampa, serviti per la prima edizione, sono oggi esposti nel monastero Obaku di Kyoto.


I giapponesi raccontano ai loro figli che Tetsugen ha fatto tre raccolte di sutra, le prime due, invisibili, sono superiori all'ultima.


-

lunedì 4 giugno 2012

PROVE


Un po' di tempo fa si stava in fondo bene, frequentavo tanti siti in cui persone disinteressate e con nulla da guadagnare scrivevano di una possibile vita diversa e migliore, progettavano, discutevano e investivano tempo ed energie nella lettura di esperienze diverse.

A me non interessava cambiare perché in fondo sto bene adesso, ma leggevo e discutevo con piacere.

Adesso è venuta arrivata la crisi, economica, alcuni raccontano che in realtà non c'è crisi, li ritengo fortunati, vuol dire che non li tocca o non la percepiscono. Io però la vedo ogni giorno, nel mio lavoro, nei locali vuoti, nei racconti di interi paesi del sud Italia spopolati, nelle storie di sfruttamento, negli occhi delle persone. Ho visto adulti piangere. 

Ma la cosa che forse più mi stupisce è che i blog che seguivo, quelli non commerciali, pieni di persone con una speranza e tanto desiderio di reale cambiamento, ingenuo, sprovveduto, vulnerabile, un po' folle cambiamento... hanno praticamente chiuso i battenti. Chi non ha smesso di scrivere lo fa sporadicamente, ma si percepisce quell'aria di abbandono di un progetto, di sogni nel cassetto in attesa di tempi migliori, di demotivazione.

E questo rivela molto. Rivela la profondità di un sogno, un progetto. E' questo il momento di parlarne, di incontrarsi, di scontrarsi. E' questo perché adesso non c'è più il "finanziamento" che poteva provenire da una parte della società che lavora e produce, semplice ridistribuzione di ricchezza ma priva di quell'impronta che differenzia una "vendita" un trasferimento, da un autentico cambio di vita, indipendente dal mondo intorno a sé, e quindi autenticamente libera e trascendente.

E' questo il momento in cui si temprano i sogni, nelle difficoltà, nella voglia di continuare a parlarne senza essere schiacciati dal peso del reale, perché se un sogno non solleva il reale, allora non vale niente, non è un sogno, è l'ozio di una mente troppo sazia e piena. Qualunque venditore bravo guadagna quando intorno a sé c'è ricchezza, venderebbe anche le pietre, ma per chi venditore non è, per chi vuole realizzare un progetto di vita che aveva dapprima abbozzato, in cui aveva sperato, che forse aveva appena provato, adesso è un buon momento per consolidarlo o abbandonarlo. E' un momento di verità. E la verità è ciò che davvero rende liberi, non il tempo disponibile o le possibilità di vedere le meraviglie del mondo. 

Ciò che libera è la verità. Su di sé, i propri progetti, la propria capacità di inseguire un sogno. Perché adesso, si potrà verificare se davvero era un bisogno o solo un capriccio.

Adesso, si ha la possibilità forzata di essere poveri tra poveri, non poveri circondati da ricchi, e dalla cui tavola le briciole cadute bastano a sfamare anche gli altri. Adesso si ha forse un po' meno benessere, sempre tanto ma con più paura addosso, forse si può anche pensare meglio.

E io spero che si torni a scrivere, a progettare, a sognare, a discutere, perché se non fosse così, se basta una crisi, se basta la disillusione, allora è meglio godere di ciò che si ha e abbandonare le illusioni futili, avendo scoperto la loro vuota natura e, soprattutto, che non è vero che erano bisogni. Il bisogno non si spegne col variare delle condizioni, il superfluo sì.


  -

Lettori fissi

Powered by Blogger.